Parco Sculture del Chianti: dove arte e natura si parlano.

In Chianti, vicino al piccolo borgo di Pievasciata nel comune di Castelnuovo Berardenga, si trova il Parco Sculture del Chianti.

Siamo nel cuore del Chianti, ad una decina di km da Siena. Terra di colline dolci e vino ruvido. Considerando che ho una grande passione per il Chianti ed un profondo amore per i giardini d’artista, qui al Parco Sculture è come se avessi vinto alla lotteria.

Il Parco Sculture del Chianti è un luogo straordinario, dove l’arte contemporanea dialoga con la natura ed il bosco si apre alle opere, le accoglie. In alcuni casi inizia ad inglobarle.

Come nasce il Parco Sculture del Chianti

Il Parco Sculture del Chianti nasce dalla passione dei coniugi Giadrossi, Rosalba e Piero.

Nel 1994, acquistano un terreno vicino a Pievasciata: un’area recintata, dal momento che aveva ospitato un allevamento di cinghiali. 

Statue di cinghiali al centro visitatori | ©Francesca Boccini

Piero, nel 1998, resta affascinato da una mostra di scultura allestita, a Città del Capo, nel Giardino Botanico Nazionale Kristenbosch. Talmente affascinato da approfondire la conoscenza sui parchi di sculture con un seminario all’International Sculpture Center di New York.

Qui inizia a prendere forma il progetto, grazie al confronto ed ai suggerimenti degli altri seminaristi e curatori.

L’anno successivo i coniugi lo presentano al Sindaco di Castelnuovo Berardenga, che sposa la causa.

È il 21 maggio 2004 quando il Parco Sculture del Chianti viene inaugurato ad apre al pubblico. Negli anni ha ampliato la sua collezione, ha aggiunto un anfiteatro all’aperto: insomma è un organismo vivo ed attivo.

Inoltre, nel 2012, all’interno del borgo è nato Pievasciata B.A.C. – Borgo d’Arte Contemporanea. Qui potete ammirare altre opere alla cui installazione hanno contribuito abitanti ed istituzioni.

Dettaglio di Balance | ©Francesca Boccini

Nel 2019 è stato nominato dal National Geographic: uno dei migliori 10 parchi di sculture al mondo.

Il Parco

Il Parco Sculture del Chianti è un’area di circa 7 ettari in un bosco di lecci, castagni e querce. Al suo interno si snoda il percorso tra le opere di 1 km.

La maggior parte delle installazioni sono site-specific. I 27 artisti che finora hanno collaborato, sono stati invitati prima a visitare il luogo e a scegliere l’angolo che preferivano. Per quel determinato punto hanno creato un’opera apposita.

Già l’ingresso inspira un’atmosfera artistica con la recinzione in ferro battuto, dove si ripropone il motivo della foglia di quercia.

Varcato il cancello, siamo immediatamente sul percorso.

Parco Sculture del Chianti: Milk Factory

Non passano certo inosservate le mucche colorate alla nostra destra. E ci danno subito la bussola per capire l’essenza del Parco.

Nella Milk Factory | ©Fabio Magno

Mentre, infatti, a prima vista ci suscitano un sorriso divertito, appena inizia la spiegazione del loro significato, il sorriso perde smalto.

L’installazione di Vincent Leow (Singapore) è nata come protesta contro la clonazione degli animali.

Milk Factory | ©Fabio Magno

Era il 1996 quando la prima pecora venne clonata. Tutti ricordiamo Dolly: lo sconcerto di tanti e l’entusiasmo di alcuni.

Leow realizza queste mucche in fibra di vetro e smalto. Sono tutte identiche nella forma, ma anche nei colori. Sono ripetuti, ma posizionati in maniera diversa.   

The Blue Bridge

The Blue Bridge di Ursula Reuter-Christiansen (Danimarca) è una delle poche installazioni nate fuori dal Parco. È stata, infatti, creata per la Biennale di Venezia del 2001.

The Blue Bridge | ©Francesca Boccini

È costituita da una parte in ferro e da 213 piastrelle in vetro (di fattura italiana) che, con il suo colore, vuole richiamare i canali della Serenissima e, con la sua forma, i piccoli ponti che li attraversano.  Quest’opera non è stata ancora collocata nella sua destinazione finale. Sarà posta sul tetto del centro visitatori così da incorniciare Siena che appare sullo sfondo.

L’Anfiteatro

Sulla destra, lungo il dolce e naturale digradare del terreno, si è sfruttata la pendenza per realizzare un anfiteatro.

L’Anfiteatro | ©Francesca Boccini

È in funzione nei mesi estivi quando, al tramontare del sole, vi si svolgono concerti. Per la realizzazione delle quinte sono stati impiegati marmo bianco di Carrara e granito nero dello Zimbabwe. Mentre il palcoscenico e le gradinate sono rivestiti in pietra lavica.

Tra gli spettatori trovano posto degli ospiti fissi. Ci sono infatti Federico Fellini, Charlie Chaplin, Stanlio e Ollio, Hitchcock ed una mamma con bambino. Sagome in ferro battuto che non abbandonano mai il loro posto.

Parco Sculture del Chianti: Island

Island di Kim Hae Won (Sud Corea) è la prima scultura che ha trovato collocazione nel Parco Sculture del Chianti. Era il 2000.

L’artista realizza un omaggio alle figure femminili di Henry Moore, così rotonde e levigate. Ma al tempo stesso, queste forme in bronzo (bellissime quando sono bagnate perché acquistano lucidità) ricordano all’artista gli scogli della sua isola: un’oasi che vive in connubio con la natura che la circonda. Da qui il titolo.

Energy

Lungo il percorso si vede già da lontano Energy di Costas Varotsos.

Ma se avete il sole contro, potreste pensare che sia un cipresso.

Un’opera alta 8 metri, pesa 16 tonnellate ed è formata da 800 strati di vetro.

Bisogna girarle intorno per carpirne la bellezza: dipende da come i raggi del sole si riflettono sulle superfici e lo rifrangono tutto intorno. Come appunto una spirale di energia.

La Pietra Sospesa

Quest’opera dell’italiano Mauro Berrettini è un omaggio agli artisti senesi ed al travertino da loro molto utilizzato, proveniente dalle cave di Rapolano (SI).

L’installazione include una panchina, su cui il visitatore può sedere.

Da qui si può godere al meglio della scultura: una sezione geometrica a forma di U pare evocare due braccia, possenti, che sostengono un masso grezzo di travertino.

Parco Sculture del Chianti: Balance

L’artista tedesco Christoph Spath unisce nella sua opera due materiali molto distanti tra loro: il vetro ed il granito.

Gioca con il contrasto concettuale tra la fragilità di uno e la solidità dell’altro. Ma anche su trasparenza ed opacità, su superfici attraversate dalla luce o luce rifranta dalla superficie.

Balance | ©Francesca Boccini

E forse, chissà, sulla forma. Spesso i bambini, infatti, vi vedono la coda di una balena in immersione.

Il Pensatore

Ovunque nel Parco Sculture del Chianti vi consigliamo di fermarvi, di – magari – perdere un minuto in più e cambiare punto di vista, perché potreste vedere qualcosa in più nelle opere, o di diverso.

L’installazione di Ichwan Noor (Indonesia) è un tributo al celebre Pensatore di Rodin. Le dimensioni sono diverse e questo che vediamo qui è vestito.

L’installazione al tempo stesso è un’area picnic. Potete sedervi, godervi la visione ravvicinata della statua, riposarvi, farvi uno spuntino. Non ci sono divieti.

Harmonic Divergence

Proseguendo troviamo un’opera che rende profondamente il senso di come il luogo abbia ispirato l’artista. In questo caso Jaya Schuerch (Svizzera) ha creato un’installazione ispirata alla quercia che si trova alle sue spalle.

Si tratta di un possente blocco di granito sardo, di circa 6 tonnellate, spaccato nel mezzo.

Le due metà creano una sorta di V che evidenzia alla vista del visitatore la quercia. Le due parti sono tenute insieme da tiranti in acciaio: è come se le due siano bloccate in un determinato punto lungo il loro naturale movimento di caduta.

Faith & Illusion

Il Parco Sculture del Chianti è un luogo divertente, a tratti giocoso, ma come tutta l’arte non può non spingerci alla riflessione. E a volte non lo fa in maniera velata.

Dolorosa Sinaga (Indonesia) è un’artista politicamente impegnata la cui opera ruota intorno alla figura della donna e ai tanti ruoli che la società le chiede di assumere. Alle sue tante facce. Lavoratrice, sposa, madre…

Faith&Illusion è un’installazione che non lascia molto all’interpretazione. 

Vediamo una figura a capo chino tra due pilastri in tondino. Sono due grattacieli: metafora del progresso.

E la figura ha il capo piegato perché, nonostante il progresso sia un bene per l’umanità, comunque implica sempre un costo da pagare. Un costo sociale.

L’artista stessa ha definito l’opera “dolorosa”.

Emana infatti un senso di sconfitta, di sopraffazione, di resa.

Di chi si è fidato della modernizzazione, ma ne è rimasto illuso.

Parco Sculture del Chianti: Limes

Torniamo ora in una dimensione più ludica con l’installazione del tedesco Johannes Pfeiffer.

Limes è la parola latina che indica il confine e, come dice la guida, è curioso che il tema sia trattato da un artista che fino al 1989 aveva in casa uno dei più orribili confini che la storia ricordi. Il Muro di Berlino.

Ma Pfeiffer gioca con il concetto di confine che qui, semplicemente, separa bosco incolto da quello curato. E con la sua consistenza.

Non muri o reti o cancelli. Ma una linea di 60 metri lungo la quale colloca 47 aste sulle quali aleggiano altettanti sassi levigati di marmo bianco di Carrara. Sembrano elementi del bosco che ci accompagnano lungo il sentiero.

Falling Leaf

Si rischia quasi di non vederla, quando i raggi del sole non la incrociano. La grande foglia che cade di Yasmina Heidar (Egitto) è ispirata a quelle di quercia del Parco.

Si tratta di una delle ultime sculture installate: nel 2008. Nonostante pesi 500 kg, sprigiona un grande senso di leggerezza grazie alle lamelle in vetro sabbiato che compongono la forma. Dicono che con una precisa inclinazione del sole, emani un verde intenso simile a quello delle foglie di quercia.

The Keel

Alla nostra destra compare l’opera successiva. L’ho amata tantissimo. Sembra un enorme scheletro adagiato sul terreno, su cui il sottobosco avanza inesorabilmente, inglobandolo.

The Keel | ©Francesca Boccini

È The Keel di Kemal Tufan (Turchia). Un’installazione di 11 tonnellate composta da 27 blocchi scolpiti in lava del vulcano Merapi. Un’opera che si regge esclusivamente sull’incastro. Le varie parti che la compongono sono state trasportate separatamente e poi assemblate sul posto.

Particolare | ©Fabio Magno

È imponente, bellissima. E sta assumendo i colori del bosco.

Unfinished Building

Il sentiero passa, in questo punto, sotto l’opera di Cor Litjens (Olanda).

Si tratta di un’installazione composta da una struttura in ferro, accompagnata – su un lato – da un blocco di marmo issorie della Valle d’Aosta.

Il marmo è levigato e lavorato per tutta la superficie tranne per un lato, lasciato grezzo. È incompiuto, come la struttura in ferro, interrotta al centro.

Trovare la collocazione giusta per quest’opera non è stato facile, ma dove è oggi sembra incorniciare perfettamente il bosco, in un senso, e The Keel, nell’altro. Giratevi quando la oltrepassate.

Un’opera ne incornicia un’altra | ©Francesca Boccini

Leapfrog

Siamo di fronte al genere di scultura che ha affascinato Piero Giadrossi in Sud Africa. L’installazione è, infatti, di Dominic Benhura (Zimbabwe), il principale esponente della scultura Shona nel suo paese.

La piccola radura si anima di uno dei giochi più amati dai bambini: il salto della cavallina. L’artista realizza le sue figure in granito nero dell’Africa, dandogli una finitura diversa a seconda delle parti. Levigatissimo per gli incarnati, grezzo per i capelli.

Dialogue

Sulla sinistra, quella che viene definita “l’opera forse più integrata del Parco”.

L’artista Anita Glesta (Australia) realizza una struttura con gli stessi materiali del Duomo di Siena: travertino e marmo bianco e verde scuro (ormai scolorito). Credo un omaggio alla città.

Dialogue | ©Francesca Boccini

Questa struttura è stata collocata sfruttando la pendenza naturale del terreno, diventando una piattaforma. Siamo invitati a frequentarla: il visitatore si può sedere o sdraiare su di essa e scoprire il suo messaggio.

Da qui, infatti, si può dialogare con il bosco grazie ad un punto di vista completamente nuovo. Siamo sdraiati, ma in posizione obliqua, e vediamo le cime degli alberi in porzioni di cielo come altrimenti non ci sarebbe riuscito.

Parco Sculture del Chianti: Il Ponte

Un’altra opera di Johannes Pfeiffer è venuta in aiuto per superare un problema lungo il sentiero.

Il Ponte, infatti, serve a oltrepassare una piccola gola del terreno.

I due lati del Ponte raffigurano, con le barre di altezze diverse, l’equazione dell’iperbole. Ma ancor più affascinante è il colore che stanno assumendo queste barre, virando verso le tonalità brune del bosco.

Construcción para atrapar el tiempo

Quando si arriva davanti a quest’opera di Pilar Aldana (Colombia), dopo aver attraverso allegramente Il Ponte, una grande serietà ci pervade. Sarà per il granito nero d’Africa.

Construcción para atrapar el tiempo | ©Francesca Boccini

Ma anche curiosità. All’inizio ci giriamo un po’ intorno, ci guardiamo da parte a parte, guardiamo il bosco che raddoppia, quando si riflette sulle superfici levigate. Poi, uno per volta, entriamo (ci sono dei gradini).

L’interno è angusto – anche se non chiuso – e di tutto il bosco intorno si vedono solo alcuni angoli. Insomma si ha voglia di uscirne il prima possibile.

L’artista ha progettato l’installazione per farci comprendere il senso di isolamento nel tempo e nello spazio, provandolo sulla nostra pelle.

Nel tempo: perché sembra di essere chiusi in un tumulo, dove ormai il concetto di tempo ha smesso di avere importanza. Nello spazio perché non siamo più liberi di guardarci intorno a 360°.  

Chianti

Recuperiamo un po’ di leggerezza con l’installazione successiva di Roberto Cipollone detto Ciro.

Si tratta di un tributo a questa terra ed ai suoi lavoratori. Il Chianti ha, infatti, un’antica tradizione agricola, in particolare vitivinicola. Pare che già nel XIII secolo vi si coltivasse il Sangiovese.

Chianti | ©Francesca Boccini

L’opera è composta da 7 cerchi di botte appesi, dai quali pendono 7 catene a cui l’artista ha appeso attrezzi da lavoro utilizzati abitualmente dai contadini della zona.

La particolarità dell’arte di Cipollone è che lavora sempre con materiali di risulta: per lo più trovati, che mette da parte nel suo magazzino finché la sua creatività non trova il modo di impiegarli.

Il Labirinto

Niente titolo: è semplicemente quel che è. Un labirinto appunto, perché Piero Giadrossi pensava che nel Parco non ne potesse mancare uno. Per realizzarlo è stata contattata una società specializzata.

Il Labirinto | ©Francesca Boccini

È una copia fedele di un labirinto rinvenuto tra le incisioni rupestri di Naquane a Capo di Ponte (Valle Camonica). L’unica differenza è che questo è a base ottagonale. E realizzato in vetro-mattone, ovviamente.

Il Labirinto del Parco Sculture del Chianti non è un rompicampo, ma è archetipico. Non ci sono angoli ciechi e cunicoli che non portano da nessuna parte. Ma è un unico lungo corridoio che porta al centro.

È un percorso iniziatico (anche qui vi parliamo di un percorso iniziatico: quello del Sacro Bosco di Bomarzo), in cui chi entra compie un viaggio dentro se stesso fino al centro della propria anima. Nel cuore del Labirinto infatti c’è un cubo: siamo invitati a sederci e a riflettere. Lungo il dedalo troviamo anche degli specchi. Sembrano dirci: guardati e conosci te stesso (self).    

Por la Libertad de Prensa

In quest’angolo troviamo l’unica opera politica del Parco.

Xavier Barrera Fontenla (Argentina) realizza una scultura in memoria del fotoreporter José Luis Cabezas, bruciato nella sua auto a Buenos Aires il 25 gennaio 1997.

Ogni anno, nell’anniversario della sua morte, si svolge “Camerazo”.

È una manifestazione dove i partecipanti impugnano una macchina fotografica: quel braccio alzato è un gesto di ricordo, ma al tempo stesso di sfida, nei confronti di chi vuole mettere a tacere la libertà di stampa e di espressione nel Paese. 

The Way We Were

Qui fate attenzione, altrimenti rischiate di passarci davanti e non rendervi conto.

È un’installazione fortemente integrata perché sfrutta il supporto di alberi preesistenti e dal significato semplice e diretto.

9 tronchi di teak, morti, uniti a 9 alberi del Parco. Il loro legame è sottolineato da una corda rossa.

Ogni singolo binomio è lì che ci parla: gli alberi che furono ci mostrano come erano un tempo.

E stanno a ricordarci come sia le catastrofi naturali, ma ancor più la mano dell’uomo sono alla base della scomparsa di intere aree verdi del pianeta. Dai boschi nostrani alle grandi foreste pluviali.

Coin du Bois Blanc

L’Angolo del Bosco Bianco è dove il sentiero forma una curva a destra. Nicolas Bertoux (Francia) crea un gioco di prospettiva illusoria.

Coin du Bois Blanc | ©Francesca Boccini

Salendo lungo il percorso, i blocchi di marmo sembrano un gruppo ordinato, disposti secondo uno schema triangolare.

Girata la curva e variato completamente il punto di vista, ci appare invece un ammasso caotico.

©Francesca Boccini

L’artista voleva realizzare un sito archeologico di alberi pietrificati.

Come un bosco pietrificato | ©Francesca Boccini

È così che i blocchi ci appaiono, finita la curva: come tanti tronchi che escono da terreno, seguendo ognuno la propria direzione.

Rainbow Crash

Sul lato opposto del sentiero, anche gli occhi degli adulti si illuminano.

L’installazione colorata di Federica Marangoni, esprime un significato forte: la fragilità della Natura.

L’arcobaleno – simbolo dell’intera Natura – si scontra con il ferro, con l’Artificio e si spezza. I suoi colori colano a terra, dove raggiungono i pezzi infranti. La magia si è rotta.

I materiali utilizzati accompagnano il significato dell’opera. Il ferro, il neon, ma soprattutto il vetro che con la sua trasparenza e fragilità incarna perfettamente la delicatezza resiliente della Natura. Bellissimo!

Off the Beaten Track

Il sentiero, in questo punto, si anima di suoni. Attraversiamo un’installazione interattiva che ci sorprende, diverte, ma ottiene il suo intento: creare un forte contrasto.

Passando attraverso i 16 cubi, che riflettono le luci e le ombre del bosco, si attivano dei suoni.

L’artista William Furlong (Inghilterra) li ha registrati a Siena, percorrendo le sue vie e viuzze dalla zona di San Domenico fino a Duomo. Sono rumori urbani, di campane, sirene, voci che creano un senso di disorientamento. Siamo in mezzo al bosco, ma ci sembra di essere in città.

Parco Sculture del Chianti: Twist

Con questa coppia di grandi sculture arriviamo in fondo al percorso del Parco Sculture del Chianti.

Un percorso vario, che ci ha messo davanti a sensazioni anche molto lontane tra loro.

Ci ha fatto guardare attentamente intorno. Godere della bellezza del bosco, respirare a pieni polmoni. Divertito, ma anche riempito il cuore.

Alcune opere ci hanno messo davanti a domande importanti ed amozioni forti.

E mentre ci fermiamo ad ammirare l’installazione di Neal Barab (Stati Uniti) che ha raffigurato due figure sinuose in marmo, ci chiediamo se il suo unico significato sia quello di omaggio ai Beatles.

In questo Parco nulla ha un unico significato.

Le sculture sono espressione di un concetto, ma poi c’è il loro rapporto con l’ambiente che le circonda.

E la luce, il cielo, gli alberi, i suoni determinano il loro significato o lo accompagnano o, a volte, lo amplificano.

È un connubio straordinario tra opera dell’uomo e Natura.

Parco Sculture del Chianti: Nota a margine

Per completezza, segnaliamo alcune opere che ci siamo – ahimè – persi.

House in the Wood di Kei Nakamura (Giappone). Si trova all’ingresso carrabile del Parco. Nasce infatti anche con intento funzionale di biglietteria, prima che venisse spostata nell’attuale Centro Visitatori. Nel 2006 sono state aggiunte delle figure umane in fibra di vetro per rimarcarne la doppia funzione.

House in the Wood | FB Parco Sculture del Chianti

Homage to Brancusi di Benbow Bullock. È un omaggio alla Colonna senza fine di Brancusi. Non tutti sanno che lo scultore, che lavorò diversi anni a questa scultura, sperava di trovarle collocazione definitiva in un ambiente naturale. Come avvenne, finalmente, nel 1938. Allo stesso modo, la colonna in acciaio brunito di Bullock trova spazio su una collinetta in compagnia, e concorrenza, degli alti cipressi. L’unica differenza è che quella di Brancusi è alta 28 metri, questa quasi 10.

Xaris di Adriano Visintin. È una scultura in ferro che richiama una ballerina seduta intenta a toccarsi la punta dei piedi.


Parco Sculture del Chianti – I sapori nei dintorni

Se non è la stagione più adatta per un bel picnic – all’interno del Parco è presente un’area apposita: chiedete al Centro Visitatorivi segnaliamo a pochi km il borgo di Fonterutoli, il regno della famiglia Mazzei.

Avete due possibilità. Un pranzo nella migliore tradizione chiantigiana presso l’Osteria di Fonterutoli. O uno spuntino meno impegnativo presso il loro progetto più recente la Società orchestrale. In entrambi i casi troverete cura e qualità.

Se volete conoscere fino in fondo questo territorio, vi consigliamo il tour della Cantina di Fonterutoli. Sono secoli che la famiglia Mazzei possiede e si cura di questi vitigni producendo alcuni dei vini migliori del territorio.

Il tour parte dall’osteria, scende attraverso una piccola stradina battuta verso la nuova cantina su tre livelli, nata nel 2008 su progetto di un membro della famiglia: Agnese Mazzei. Ad accogliervi troverete l’enorme corte dove avviene la selezione delle uve che, per caduta, confluiscono al livello sottostante per la lavorazione. Fino alla barriccaia scavata nella roccia, dove giusta temperatura ed umidità sono assicurate da falde di acqua che scorrono naturalmente lungo la roccia lasciata a vista. Luoghi che ti affascineranno.


Parco Sculture del Chianti – Info utili

Ecco quanto ti serve per programmare la tua visita al Parco Sculture del Chianti. Se desideri saperne più, commenta qui sotto o contattaci sui social! Apri la nostra mappa e ottieni il percorso.

Il Parco Sculture. Aperto tutto l’anno. Orario: dalle 10, l’orario di chiusura dipende dalle stagione. Biglietto: intero € 10, ridotto € 5 (ragazzi fino a 16 anni).

È possibile scaricare gratuitamente la App ChiantiPark che vi guida all’interno del percorso ed illustra le opere. Disponibile per iOS e Android

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