Esplorare l’Aventino tra mito e profumi di primavera

Esplorare l’Aventino può sembrare banale. Eppure oggi vi portiamo alla scoperta di uno dei quartieri di Roma, ma anche uno dei 7 colli.

Un luogo dove si respira una intensa atmosfera mistica per la presenza di monasteri chiese e conventi. Ma anche – a primavera – uno dei rioni dove i profumi della fioritura ci avvolgono e ci accompagnano nella nostra passeggiata.

Nonostante sia stata sempre una grande fan della Basilica di S. Sabina, anche per me si è trattato di esplorare l’Aventino. Pensavo infatti che storicamente fosse un luogo di ritiro per le comunità monastiche e di esercizio mistico.

Fabio da buon archeologo, invece, mi ha condotto attraverso la sua vivace storia, ricca di vita, racconti e di miti. Anche se gran parte delle testimonianze di questo passato si possono, oggi, solo immaginare.

Esplorare l’Aventino – Un po’ di storia

I primi cenni storici sull’Aventino affondano le radici nella leggenda. Tanto che ancora si discute sulle origini del suo nome.

La sua conformazione geologica, che lo rende ricco di grotte e anfratti, ne ha fatto il luogo ideale dove – secondo il mito – Caco, figlio di Vulcano dio del fuoco, nasconde le mandrie rubate ad Ercole.

La leggenda di fondazione di Roma, narra che su questo colle, Remo venisse ad osservare il volo degli uccelli. Tanto che alcuni ipotizzano che il nome del colle venga dal termine latino Aves = uccelli.

La credenza più diffusa è che Aventino sia il re di Albalonga che vi fu sepolto, dopo essere stato colpito da un fulmine.

In piazza del Tempio di Diana | ©Fabio Magno

Di storie e leggende ce ne sono tante. Una certezza è che questo colle di Roma sia stato abitato dalla plebe romana, in contrapposizione al Palatino – di fronte – dove risiedevano i nobili patrizi.

È qui, sull’Aventino, che si ritirano i tribuni della plebe nel 494 a.C. per protesta contro i patrizi.

Essendo poi al di fuori dell’Urbe ufficiale, sull’Aventino si trovavano anche i templi delle divinità “straniere”, importate man mano che i Romani ampliavano il loro potere e costituivano l’Impero.

Poi, in epoca imperiale i patrizi iniziano a trasferirsi sull’Aventino. Pare che anche Adriano e Traiano avessero casa qui. E forse per questo, durante il Sacco di Roma di Alarico nel 410, l’intero quartiere venne raso al suolo.

Nel frattempo, più si ampliava la platea nobile dei residenti, più i vecchi abitanti dovettero trasferirsi. Fino a finire alle pendici meridionali del colle, dove si trovava l’antico porto fluviale, chiamato emporium e ponte Rotto e infine poi a Trastevere (qui trovi l’articolo sulla nostra passeggiata nella Trastevere medievale).

Ponte Rotto | ©Fabio Magno

Monaci e nobili occuparono l’Aventino, finché anche questi ultimi lo lasciarono alla vita contemplativa e operosa degli ordini monastici che dal XII secolo la osservano dall’alto.

Alla scoperta dell’Aventino

Insomma, esplorare l’Aventino vuol dire, come spesso accade a Roma, immergersi in un viaggio attraverso i secoli. Anche se qui tante testimonianze romane ci sono, ma non si vedono.

Ne sa qualcosa il direttore d’orchestra Vincenzo Bellezza che in occasione di alcuni lavori di ristrutturazione nel 1958 vide riaffiorare dei resti straordinari. In largo Arrigo VII infatti di tre ambienti di una domus che si affacciavano lungo un corridoio, il criptoportico.

Si trovano a 12 metri di profondità, al di sotto dell’edificio, del suo giardino e della strada. Sono magnificamente affrescati, ben conservati, ma non sono visitabili perché è necessario mantenere un microclima perfetto per salvaguardarne la delicatezza.

La nostra passeggiata parte da piazza Albania e attraverso i verdi e delicati viali sale verso la cima del colle per ridiscendere alle pendici e concludersi al Roseto Comunale che a maggio è sempre una buona idea.

Esplorare l’Aventino – Piazza Albania

Iniziamo ad esplorare l’Aventino da questo punto per fare una premessa necessaria.

In epoca romana con Aventino si indicava sia il colle che oggi conosciamo sia quello più piccolo che vediamo dall’altra parte del viale omonimo, ovvero San Saba.

In epoca repubblicana erano divise da una “sella” – un avvallamento minimo del terreno – dove oggi corre viale Aventino. Ma entrambe si trovavano all’interno delle mura serviane e per questo erano identificate con lo stesso toponimo.

Villino anni Trenta | ©Francesca Boccini

Augusto dividerà la città in 14 regiones ed allora verranno identificate separatamente come XII regio Piscina publica (San Saba) e XIII regio Aventinus.

Nei secoli spesso e volentieri si continuerà a chiamarle Aventino maggiore e minore.

La creazione di piazza Albania rientra nel piano regolatore del 1883 quando il suo nome era Raudusculana, dalla porta dell’antica Roma che segnava il limite tra l’Aventino e San Saba.

Negli anni ’60 si affacciavano sulla piazza un gruppo di edifici della Banca Nazionale del Lavoro che negli anni 2000 sono stati oggetto di lottizzazione per essere trasformati in residenze di lusso.

In questa occasione sono venuti alla luce, anche qui, i resti di una domus del II-III secolo con mosaici bellissimi.

Recentemente ha aperto i battenti la Scatola Archeologica. Un’esperienza immersiva realizzata in collaborazione tra BNP Paribas Real Estate e Soprintendenza Speciale di Roma.

Scatola Archeologica | FB Musei Italiani

Iniziamo a salire imboccando via di S. Prisca, passeremo davanti alla chiesa omonima.

Esplorare l’Aventino – Chiesa di Santa Prisca

Non è facile trovarla aperta, lo è in occasione della messa.

Mitreo

Così come il mitreo, visitabile il 2° ed il 4° sabato del mese. Il luogo sacro al dio Mitra viene edificato nel III in una preesistente domus. È costituito da un ambiente centrale più ampio dedicato ai banchetti ed ambienti più piccoli destinati ai riti di iniziazione. Ancora oggi vi è conservato un gruppo scultoreo in marmo e stucco dorato che raffigura i testimoni dell’uccisione del toro cosmico da parte del dio Mitra e alcuni affreschi.

È stato scoperto solo nel 1934 dai Padri Agostiniani della vicina S. Prisca.

Chiesa

Questa piccola chiesa, davvero un angolo di intimità e devozione, è intitolata alla santa che secondo la tradizione ricevette il battesimo da San Pietro.

Anche questa si trova sui resti di una domus romana tra la fine del IV e l’inizio del V secolo e più volte restaurata.

Secondo alcuni si tratterebbe della casa di Traiano dove abitava prima di diventare imperatore.

In occasione del Giubileo del 1600, fu commissionata all’architetto aretino Carlo Lombardo il rifacimento della facciata, dell’altare e il sistema di pilastri che includono le antiche colonne della chiesa.

Sull’altare la pala che raffigura San Pietro che battezza Santa Prisca di Domenico Cresti detto il Passignano. Anch’essa datata al 1600. È incorniciata all’interno della ricca decorazione dell’abside, datata allo stesso periodo, opera di Anastasio Fontebuoni. Vi sono raffigurate elementi che richiamano il martirio della santa e papa Eutichiano che trasporta le sue reliquie.

Secondo la tradizione, la giovane Prisca che si rifiutava di adorare il dio Apollo, venne condannata al carcere da Claudio. Insistendo nel suo rifiuto nonostante la fustigazione, fu condannata alle belve del Circo Massimo che, però, si accucciarono ai suoi piedi.

Allora l’imperatore la fece incarcerare di nuovo, di nuovo frustare e la condannò al rogo, dal quale uscì miracolosamente indenne. Infine venne decapitata lungo la via Ostiense.  

Nella prima cappella della navata destra si conserva un capitello di epoca antonina che la tradizione ci tramanda come il fonte che San Pietro utilizzò per battezzare Santa Prisca. Prima si trovava nella cripta della chiesa ed è stato spostato qui. Oggi è sormontato dal Battesimo di Cristo in bronzo di Antonio Biggi del 1947.

Proseguendo lungo la via si giunge a Largo Arrigo VII dove si trova la Casa Bellezza (oggi sede di studi legali) e l’Accademia Nazionale di Danza.

Basilica di Santa Sabina all’Aventino

Basilica di S. Sabina dal Giardino degli Aranci | ©Fabio Magno

Deviando leggermente a sinistra e percorrendo via Sant’Alberto Magno, nell’esplorare l’Aventino, raggiungiamo via di Santa Sabina dove si trova l’omonima basilica.

È una delle basiliche paleocristiane meglio conservate di Roma, nonché una delle più belle chiese (ma io sono un po’ di parte perché ho un amore spassionato per l’architettura sacra dei primi secoli).

Storia

Viene edificata nel 425 da Pietro d’Illiria su un preesistente Titulus Sabinae, ossia la chiesa originaria. Probabilmente all’interno della casa di una matrona romana omonima. Fino al IX secolo fu arricchita ed ampliata finché non viene annessa alla fortezza costruita dalla famiglia Crescenzi.

Infatti, tramontato l’Impero romano ed entrati ormai in un periodo di lotte intestine, dispute tra filopapali e non, il colle Aventino, grazie alla sua posizione che domina la città, diventa un luogo strategico.

Tra X e XI secolo la famiglia raggiunge l’apice del suo potere, governando la città e le elezioni dei pontefici. Qui sull’Aventino Alberico II costruisce una fortezza che include la basilica. Fino al 1219, quando Onorio III (Cencio Savelli) restituisce l’edificio alla sua funzione originaria e i Crescenzi vengono soppiantati sul colle dai Savelli.

Portale duecentesco | ©Francesca Boccini

A questo punto della storia, la famiglia Crescenzi domina il Tevere su questa sponda, mentre i Mattei l’altra.  

Onorio III dona la basilica ed una parte del palazzo a Domenico di Guzmán e nel 1222 i monaci dell’ordine vi si trasferiscono.

In quest’epoca risultano già costruiti il chiostro ed il campanile che, stranamente, ha una parte interna alla chiesa e visibile nella navata sinistra.

Santa Sabina subisce nei secoli grandi rimaneggiamenti, finché nel 1938 Antonio Muñoz la riporta al suo aspetto medievale.

L’atrio

Si accede alla basilica dall’atrio in cui si aprono i 3 ingressi antichi. L’ingresso dal quadriportico duecentesco che dà proprio sulla piazza è quasi sempre chiuso, mentre uno dei 3 accessi antichi è stato murato a causa della costruzione del campanile.

Nell’atrio possiamo ammirare 8 colonne antiche romane (4 in marmo e 4 in granito) e materiali provenienti dalla chiesa originale come i sarcofagi paleocristiani o gli affreschi.

Memorie della basilica antica | ©Fabio Magno

Uno dei tesori della basilica si trova proprio qui, prima di inoltrarci. Si tratta del portale maggiore.

Un portale in legno di cipresso del V secolo con stipiti ricavati da cornici di epoca romana. Decorato da 28 pannelli, di cui ne restano oggi 18, contiene la prima raffigurazione scolpita della Crocefissione che conosciamo.

Passaggio del Mar Rosso | ©Francesca Boccini

Una curiosità. Nel 1836 il portale era sottoposto a restauro. Durante questi lavori, nella scena del Passaggio del Mar Rosso, il restauratore sostituì il volto del faraone con quello di Napoleone.

Era morto già da 15 anni, ma l’astio era ancora tale da immortalarlo in una scena biblica per destinarlo alla dannazione eterna.

Nell’atrio è possibile vedere, attraverso un buco nel muro, un albero di arancio. Quello che, secondo la tradizione, Domenico di Guzmán importò per la prima volta in Italia dalla Spagna.

Interno

L’interno si presenta suddiviso in 3 navate da dodici colonne per lato di epoca tardo-imperiale. La navata centrale termina con abside affrescata da Taddeo Zuccari con Cristo tra i Dodici Apostoli del 1560.

Interno | ©Francesca Boccini

La nostra attenzione è catturata da una sorta di recinto nella navata centrale. È la schola cantorum, dove si riuniva il coro dei giovani che accompagnavano con i loro canti le liturgie. Demolito durante le ristrutturazioni, venne ricostruito nel 1936 da Antonio Muñoz. Per ricomporlo, si ispira a quello medievale e ne riutilizza alcune lastre originali (plutei) meravigliosamente scolpite a racemi e con il simbolo della croce.

Dell’antica decorazione della basilica resta poco. Doveva essere ricoperta di mosaici e tarsie marmoree: sulle pareti laterali, nell’abside e forse sul soffitto.

Resta però un elemento importante della decorazione originale e si trova in controfacciata.

Mosaico V secolo | ©Francesca Boccini

È il mosaico con l’iscrizione a lettere dorate su fondo blu con l’affermazione del primato papale e che menziona Celestino I e Pietro d’Illiria. È accompagnata da due figure femminili: la Chiesa di Gerusalemme che reca in mano l’Antico Testamento e la Chiesa Romana con il Nuovo.

Tra le tante sepolture disseminate sul pavimento, troviamo quella di Muñoz de Zamora, uno dei primi domenicani ed anche unico esempio a Roma di pietra tombale a mosaico.

Esplorare l’Aventino – Da non perdere

Due elementi attraggono la nostra attenzione.

Uno è la colonna che fuoriesce dal pavimento. Siamo nella navata destra e la colonna è uno degli elementi architettonici della basilica più antica.

L’altro si trova vicino all’ingresso.

È un colonnino su cui è poggiato un masso nero tanto levigato da essere lucido.

Si tratta del Lapis diaboli, la pietra del diavolo.

La leggenda racconta che San Domenico aveva l’abitudine di pregare appoggiato a questo colonnino che, all’epoca, si trovava su una lastra funeraria di alcuni martiri.

Il diavolo tanto infuriato da quanto il Santo riuscisse a concentrarsi nella preghiera, prese la pietra lasciandogli impressi i segni delle sue dita e gliela scagliò contro. Ma mancò il bersaglio, infrangendo invece la lastra.

Lapis diaboli | ©Fabio Magno

Per quanto leggendario questo racconto, una parte di verità però c’è. Pare infatti che la lapide dei martiri ci fosse veramente e che davvero sia stata infranta in più pezzi. Ma non per intervento sovrannaturale. Bensì durante dei lavori che Domenico Fontana stava svolgendo nella basilica nel 1587.

La lastra ricomposta oggi si trova nella schola cantorum.

Fontana in piazza Pietro d’Illiria

In piazza Pietro d’Illiria non manchiamo di fermarci ad ammirare la bella fontana del Mascherone.

Fontana in piazza Pietro d’Illiria | ©Fabio Magno

Composta da una vasca termale romana e dal mascherone, scolpito per decorare la fontana in Campo Vaccino nel 1593 su progetto di Giacomo Della Porta.

Nel 1816 la fontana era stata smantellata ed il mascherone riutilizzato, nel 1827, per una nuova fontana, sulla riva destra del Tevere. Ma nel 1890 anche quest’ultima fu demolita ed il mascherone immagazzinato dei depositi comunali.

Particolare del mascherone | ©Fabio Magno

Fino al 1936 quando Muñoz lo recupera in questo progetto di fontana.

Esplorare l’Aventino – Giardino degli Aranci

Accanto alla Basilica di Santa Sabina c’è uno dei posti più romantici di Roma: il Parco Savelli, detto più comunemente il Giardino degli Aranci.

Giardino degli Aranci | ©Fabio Magno

Il consiglio è quello di affacciarsi dalla terrazza al tramonto, quando la città si tinge di rosa ed arancio.

Il parco nasce nel 1932 su progetto dell’architetto Raffaele de Vico, lo stesso che si era occupato della sistemazione degli spazi verdi al quartiere Eur (qui trovi il nostro articolo sull’EUR). Prima vi si trovavano gli orti del vicino monastero.

Panorama dal Giardino | ©Fabio Magno

Il progetto di Vico si basa su una perfetta scenografia simmetrica con i pini che incorniciano la cupola di San Pietro e gioca sull’effetto ottico per il quale quando ancora non siamo sulla terrazza il Cupolone ci appare enorme. Una volta saliti, quando lo sguardo inquadra la città, torna alle sue dimensioni reali.  

Il Cupolone dal Giardino | ©Fabio Magno

In onore di San Domenico e del primo albero di arancio che aveva portato in Italia, il parco è stato disseminato di aranci amari che nel periodo della fioritura inondano l’aria del loro profumo.

Alberi di arancio nel Giardino | ©Francesca Boccini

Sul lato destro del parco ancora sono ben visibili i resti della rocca fortificata costruita dai Crescenzi nel X secolo, successivamente passata alla famiglia Savelli che l’aveva ingentilita in palazzo nobiliare.

Resti della Rocca dei Savelli nel Giardino | ©Fabio Magno

Da qui si apre il clivo di Rocca Savella che scende alle pendici dell’Aventino sul Tevere. È un tracciato antico, l’unica via che dalle sponde del fiume saliva sul colle.

Da qualche tempo è stato riaperto al pubblico: è particolarmente suggestivo percorrerlo e in un attimo si raggiunge il Lungotevere e la Bocca della Verità.

Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio

Tornando su via di Santa Sabina, proseguiamo verso una delle chiese più richieste per i matrimoni. È evidente dai tanti cartelli che indicano orari e modalità dell’ufficio dedicato.

Matrimonio a Sant’Alessio | ©Francesca Boccini

La conferma l’abbiamo avuta durante la nostra passeggiata per esplorare l’Aventino. Perché nonostante la pandemia, il giorno feriale e la crisi del settore, abbiamo dovuto rimandare la visita perché era in corso un matrimonio!

Storia

La sua fondazione risale al III-IV secolo sui resti della casa paterna di Sant’Alessio, anche se la chiesa in origine era dedicata a San Bonifacio.

Ingresso alla Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio | ©Fabio Magno

Secondo la tradizione Alessio, figlio di patrizio romano, rifiutò il matrimonio combinatogli dal padre e partì alla volta della Siria per vivere in esilio mendicando. Dopo 17 anni fece ritorno a casa, ma dopo tanti anni e segnato dalla vita, nessuno lo riconobbe, ma il padre gli diede ospitalità.

Ed Alessio visse altri 17 anni nella casa paterna, ospitato in un sottoscala, dove morì serrando in una mano un biglietto in cui rivelava la sua identità. Si narra che nel momento della sua morte, per miracolo, tutte le campane di Roma suonarono all’unisono e solo il papa riuscì ad aprirgli la mano per recuperare lo scritto e svelare la verità dei fatti.

La sua figura suscitò fin da subito un grande fascino tanto da far entrare la sua storia nella tradizione orale dei cantastorie e dei giullari prima, e in quella scritta poi.

Tant’è che uno dei primi scritti in volgare della lingua italiana è il Ritmo di Sant’Alessio del XII secolo, oggi conservato nella Biblioteca Comunale di Ascoli Piceno.

All’inizio X secolo si forma il primo nucleo monastico, quando il Governatore di Roma concede ai religiosi della chiesa alcune case intorno. Alla fine del secolo viene dichiarata basilica ed intitolata anche a Sant’Alessio.

Altare | ©Fabio Magno

Durante i secoli vivrà un costante crescendo. Nel 1216 Onorio III ne decreta la ricostruzione completa. Alla fine del Cinquecento viene nominata sede cardinalizia. Nel 1750 subisce un importante restauro che implica la costruzione della nuova facciata come la vediamo oggi e l’ampliamento del monastero, costruito dai Crescenzi nel X secolo.

Quadriportico

Oggi si accede alla chiesa attraverso il quadriportico settecentesco.

Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio | ©Fabio Magno

Sulla destra una piccola fontana murata, sormontata da un triangolo con Sant’Alessio a sinistra e San Bonifacio a destra. Proviene dalla basilica di Onorio III.

Fontana nel quadriportico | ©Fabio Magno

La facciata con timpano e una balaustra con vasi fiammeggianti, presenta le colonne inserite nei pilastri.

Mentre il portale è inquadrato da una bellissima cornice cosmatesca.

Il campanile è del 1216 a 5 ordini con monofore e bifore e al suo interno ancora conserva una campana del 1605 ed una del 1637.

Interno

È suddiviso in tre navate suddivise da pilastri. Nel pavimento è ancora possibile ammirare alcuni inserti di quello cosmatesco originale.

Interno | ©Fabio Magno

La decorazione pittorica è, invece, della metà del XIX secolo, opera di Michele Ottaviani e Carlo Gavardini. L’altare è sormontato da un ciborio e contiene al suo interno le reliquie dei due santi titolari della basilica.

L’interno è disseminato da sepolture di epoche diverse. Colpisce senza dubbio l’attenzione il monumento funebre di Eleonora Boncompagni Borghese con la ricchezza dei suoi marmi e la struttura architettonica in cui sono inseriti puttini ed il busto della defunta (fine XVII secolo).

Davanti alla cappella, il sepolcro duecentesco di Pietro Savelli, diacono e uno dei membri della potente famiglia.

Nel lato destro del transetto, la cappella della Madonna dell’Intercessione. È detta anche cappella di Carlo IV che la fece abbellire durante l’esilio nel monastero.

Al suo interno è conservata l’icona della Madonna di Sant’Alessio, la stessa che venerava durante il suo esilio in Siria.

Secondo la tradizione è dipinta a Bisanzio e portata a Roma nel X secolo. In realtà gli studi hanno stabilito che è opera di un pittore romano del XII-XIII secolo. Fa parte del genere di icone presso cui si invoca la misericordia del Cristo Giudice.

Al di sotto della basilica, vi è la cripta romanica. Non siamo riusciti a visitarla perché era chiusa. Vi si conserva la colonna del martirio di San Sebastiano e i resti di Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury.

Cappella di Sant’Alessio

Sicuramente quello da non perdere in questa chiesa è la cappella di Sant’Alessio, entrando sulla sinistra. Realizzata su progetto di Andrea Bergondi, allievo di Bernini. Eleva all’ennesima potenza l’insegnamento del Maestro, fondendo insieme scultura ed architettura per un effetto scenografico di grande impatto. Teatrale.

Cappella di Sant’Alessio | ©Fabio Magno

Vi è rappresentato il Santo morente nel sottoscala: su di lui una teca/reliquiario in gesso e vetro che contiene la scala originale della casa paterna. Il tutto inquadrato in un tripudio di angeli e putti.  

Poco più in là della cappella, il pozzo da cui – si tramanda – ogni giorno Sant’Alessio attingesse l’acqua per la famiglia che gli aveva concesso ospitalità, pur senza riconoscerlo.

Esplorare l’Aventino – Giardino di Sant’Alessio

Accanto alla basilica si trova il piccolo giardino di Sant’Alessio che divide i due conventi. Il Comune di Roma lo acquisisce alla fine dell’Ottocento e lo sistema a verde pubblico. Offre anche lui, come il vicino Giardino degli Aranci, un bell’affaccio sul Tevere e Roma.

Vicino all’ingresso, sulla sinistra, ha trovato posto una deliziosa fontana proveniente da palazzo Rusticucci-Accoramboni, demolito nel 1937, nei lavori per l’apertura di via della Conciliazione.

Fontana | ©Fabio Magno

Ci dirigiamo ora verso piazza dei Cavalieri di Malta, ma prima di soffermarci su questo angolo particolarissimo di Roma, una menzione è d’obbligo per Sant’Anselmo.

Sant’Anselmo all’Aventino

Nonostante la secolare storia degli edifici sacri che sorgono sull’Aventino, questo complesso formato dalla chiesa e dall’annesso monastero è recente.

Complesso di Sant’Anselmo | ©Fabio Magno

Alla fine dell’Ottocento il Vaticano acquista i terreni dal marchese Giulio Sacchetti per donarli all’Ordine dei Benedettini che vi realizza la propria sede romana.

Il progetto della chiesa di mano dell’abate Ildebrando de Hemptinne è in stile neo-romanico in richiamo alle abbazie dell’antico ordine monastico.

L’esterno è caratterizzato da un quadriportico in cui si trova una statua bronzea di Sant’Anselmo dalle linee moderne.

L’interno a 3 navate suddivise da colonne termina in un’abside decorata da un mosaico, come nella migliore tradizione paleocristiana.

Al di sotto della chiesa, si trova un’enorme cripta a 5 navate.

Anche qui si è dovuto fare i conti con la storia che riaffiora. Infatti il complesso è stato costruito sui resti di una domus del II-III secolo. Gli scavi hanno riportato alla luce uno splendido mosaico con il mito di Orfeo, oggi conservato nel monastero.

Sant’Anselmo è “famosa” per due motivi. Dal 1962 è il punto iniziale della processione penitenziale che il papa presiede il mercoledì delle ceneri. Inizia qui e raggiunge la Basilica di Santa Sabina dove si celebra la prima messa stazionale di Quaresima.

E per il suo coro, che accompagna la liturgia della domenica con canti gregoriani.

All’interno del monastero ha sede il Pontificio Ateneo di Sant’Anselmo ed il Pontificio Istituto Liturgico.

Ora torniamo in piazza Cavalieri di Malta.

Esplorare l’Aventino – Piazza Cavalieri di Malta

Prende il nome dal Priorato dell’Ordine di Malta che si trova oltre il bell’ingresso barocco chiuso da un possente portone. Diciamo che da queste parti ci tengono alla riservatezza.

Ingresso del Priorato dell’Ordine di Malta | ©Fabio Magno

Siamo capitati lì mentre si apriva per far uscire dei mezzi di servizio; il guardiano è stato così lesto che siamo riusciti a malapena a sbirciare qualcosa!

Sbirciare è la parola chiave. Quasi tutti i romani lo sanno che da qui è possibile avere una vista particolare sul Cupolone.

Basta avvicinarsi al portone. Dal buco della serratura, grazie ad una vera e propria galleria verde, si è proiettati sulla cupola di San Pietro.

Buco della serratura | ©Fabio Magno

È da provare al tramonto o anche in notturna, quando la cupola è illuminata.

Una cosa, però, che non tutti sanno è che in questa piazza siamo di fronte all’unica opera architettonica del grande incisore Giovan Battista Piranesi. Possiamo ammirarne solo una parte, perché il resto è all’interno del Priorato.

Storia

Dal 1764 al 1766 Piranesi si occupò della sistemazione della piazza, dell’ingresso, del palazzo, dei giardini e della chiesa di Santa Maria del Priorato per Giovanni Rezzonico, appena nominato Gran Priore romano dell’Ordine di Malta.

Quando iniziano i lavori preliminari per la piazza, Piranesi e collaboratori si trovano davanti il Vicus Armilustrii.

La vita di Roma e dei romani era scandita in due momenti dell’anno ben definiti: quello dedicato alla guerra, da marzo ad ottobre, il resto dell’anno era per le attività produttive.

Quindi i cittadini metà dell’anno lo passavano come soldati per poi tornare a svolgere le proprie attività, ad ottobre.

Questi momenti erano scanditi da riti con i quali i Salii – sacerdoti – aprivano e chiudevano le diverse fasi.

Il 19 ottobre salivano sull’Aventino, qui accedevano al recinto sacro davanti al tempio di Marte e purificavano le armi dei soldati. 

Affascinato dai ritrovamenti, Piranesi trova l’ispirazione per realizzare una propria versione del recinto.

Esplorare l’Aventino – Recinto di Piranesi

Sulle mura si alternano obelischi e stele, Piranesi fonde insieme tradizione romana e la vocazione bellica dei Cavalieri, unisce elementi decorativi derivati dallo stemma dei Rezzonico con elementi del patrimonio iconografico romano ed etrusco.

Un grande apparato simbolico che, ancora oggi, in molti dicono sia un messaggio che solo un Templare sarebbe in grado di decifrare.

E non finisce qui! Secondo una leggenda, l’Aventino sarebbe una simbolica nave templare pronta a prendere il largo verso la Terra Santa.

La nave sarebbe ancorata all’antico Porto di Ripa Grande, dove il ponte rotto sarebbe il molo. La terrazza su cui affacciano i giardini sarebbe la prua con la chiesa di Santa Maria del Priorato cabina di comando. Si accederebbe alla nave dalla piazza, dove l’ingresso alla villa sarebbe l’accesso al cassero ed il viale alberato che vediamo da buco della serratura, il ponte di coperta. I giardini: tutte le funi e le sartie della nave.

Scenografia di Frammenti di Robocoop | ©Fabio Magno

In questo periodo il recinto è sottoposto a restauro. Questo ha dato la possibilità alla Soprintendenza di sperimentare un dialogo con il contemporaneo. Anche perché nel 2020 è caduto il 300° anniversario della nascita del grande artista.

I ponteggi dei lavori sono stati, infatti, ricoperti da “Scenografia di Frammenti”. Un’opera realizzata appositamente da Robocoop, duo di artisti con una formazione in architettura che portano avanti un percorso di ricerca e sperimentazione.

Concludiamo la nostra passeggiata ad esplorare l’Aventino e percorriamo via del Clivo dei Publicii alla volta di una delle piccole gemme di Roma.

Esplorare l’Aventino – Roseto Comunale

Questo è il periodo migliore per visitare il roseto comunale di Roma!

Siamo alle pendici dell’Aventino, davanti a noi il Circo Massimo ed il Palatino fanno fa da sfondo a questo piccolo e curato giardino di rose.

Roseto Comunale e Palatino | ©Fabio Magno

Secondo alcuni studi, siamo in un’area che fin dall’antichità dedicata ai fiori. Si pensa infatti che vi sorgesse un tempio dedicato alla dea Flora per la quale si celebravano ogni anno i Floralia, giochi per propiziare e proteggere la fioritura.

In epoca medievale vi si estendevano orti e vigne. Fino a quando, nel 1645, la Compagnia Ebraica di Carità e Morte non la acquista per creare il cimitero ebraico della comunità romana.

Verrà chiuso nel 1895, ma effettivamente trasferito solo tra 1930 e 1935 con lo spostamento della terra cimiteriale presso il cimitero israelitico del Verano. Sono gli anni dell’apertura dell’attuale via del Circo Massimo.

Nel frattempo l’americana Mary Gailey Senni, sposa di un conte italiano, grande amante della natura e con un’approfondita conoscenza della botanica, riusciva a realizzare il primo roseto comunale sul colle Oppio. Era il 1932.

Il giardino però venne distrutto durante la seconda guerra mondiale. Solo nel 1950 si stabilisce di ricrearne uno nuovo qui alle pendici dell’Aventino.

In ricordo della comunità ebraica che ha permesso il reimpiego di quest’area sacra, all’ingresso del roseto c’è una stele e i vialetti interni sono stati progettati così da riprodurre il tradizionale candelabro a 7 bracci.

La collezione

Il roseto ospita più di mille esemplari della regina dei fiori: la rosa.

È suddiviso in due sezioni.

Sul lato superiore c’è la collezione di rose suddivise tra antiche e moderne. In quella inferiore si trovano gli esemplari messi a dimora che partecipano al “Premio Roma”.

Il 3° sabato di maggio si svolge il Premio Roma che dà il via alla stagione dei concorsi e di cui Roma è uno dei più prestigiosi.

Ci perdiamo a girare tra i vialetti, osservando la meraviglia della fioritura dei tantissimi esemplari. Ci sono rose dai fiori enormi e da quelli più piccoli e delicati. Fiori dai petali che non si riescono a contare tanti sono, e quelli dai colori che non ti aspetti.

Ci divertiamo a scoprire i nomi: troviamo gli stilisti e le scienziate che hanno fatto la storia. Edith Piaf e Rapsody in Blue. Il profumo di rosa, delicato ed intenso, ci avvolge ad ogni folata di vento.

Ci sediamo su una panchina e pensiamo alla nostra passeggiata. Abbiamo girato per i viali e le strade dell’Aventino guardandoci continuamente in giro per ammirare i villini, i loro dettagli, per sbirciare i giardini dietro i cancelli chiusi. Sapendo che tanti tesori restano celati nei sotterranei, non accessibili.

Il Roseto | ©Fabio Magno

Siamo in centro, ma si respira un’atmosfera tranquilla. Il traffico è lontano. Forse sono i monasteri e la loro vita tranquilla che rendono la cima del colle tanto serena, o forse è il contrario. Gli ordini si sono stabiliti qui per la quiete che il luogo assicurava. E ancora assicura.

E poi le tante storie e leggende che rendono questo angolo di città davvero da scoprire.


Esplorare l’Aventino – I sapori nei dintorni

Siamo rimasti strettamente in zona. Lo dico perché scendendo dal colle sul lato di via Marmorata, basta attraversare la strada e si è a Testaccio, il tempio della cucina romana. Ma avremo modo. Abbiamo girato per la ricca varietà di proposte di viale Aventino tra malese, giapponese, greco e stelle Michelin.

Esplorare l’Aventino mette fame. Abbiamo optato, come nelle nostre corde, per la cucina nostrana della trattoria Da Franco all’Aventino. Tavolini all’aperto, staff sorridente e accogliente, cucina sincera. Buona la mia amatriciana, mentre Fabio non ha proferito parola spazzolando la sua carbonara. Ma anche il signore accanto a noi, portato qui da un amico habitué, si è gustato felice e contento uno spaghetto con le vongole. Il giovedì sono di prassi gli gnocchi fatti in casa.


Esplorare l’Aventino – Info Utili

Ecco quanto ti serve per esplorare l’Aventino a Roma. Se desideri saperne più, commenta qui sotto o contattaci sui social! Apri la mappa qui sotto e ottieni il percorso.

  • Scatola Archeologica. Il 1° e 3° venerdì del mese. Orari: alle 14, alle 15, alle 16 e alle 17. Prenotazione obbligatoria. Biglietto: intero € 11, ridotto € 8, gratuito da 0 a 11 anni.
  • Mitreo di Santa Prisca. Il 2° e 4° sabato del mese. Chiuso ad agosto. Biglietto: € 5,50 + 2 di prevendita. Info e prenotazioni +39 06 39967700.
  • Santa Prisca. Aperto tutti i giorni in orario di messa.
  • Basilica di Santa Sabina. Aperto tutti i giorni. Orario: dalle 8:15 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 18.
  • Giardino degli Aranci. Aperto tutti i giorni. Orario: da ottobre a febbraio dalle 7 alle 18, da aprile a agosto dalle 7 alle 21, marzo e settembre dalle 7 alle 20.
  • Giardino di Sant’Alessio. Aperto tutti i giorni. Orario: dalle 7 al tramonto.
  • Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio. Aperto tutti i giorni. Orario: dalle 8:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 20 (inverno chiusura alle 18:30).
  • Roseto Comunale. Aperto tutti i giorni. Dal 21 aprile al 15 maggio solo zona collezioni. Dal 16 maggio al 13 giugno zona collezioni e zona concorso. Orario: dalle 8:30 alle 19:30. Ingresso gratuito.

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