Metti Roma una notte di fine estate. La brezza fresca mossa dal movimento creato dell’acqua delle fontane di Roma. Andare per i grandi viali e i piccoli vicoli illuminati in cerca degli scorci più belli. Lo facciamo spesso e se siete in città ecco qualche dritta da seguire!
È impossibile immaginare Roma senza le sue meravigliose fontane.
Immortalate in grandi capolavori del cinema, ma anche scenografia di tantissimi eventi che hanno fatto epoca, le fontane sono il fiore all’occhiello della città, un patrimonio artistico e culturale di inestimabile valore.
Si tratta di un giro per la città un po’ più lungo del solito, quindi se siete dell’idea, consigliamo di farlo anche in e-bike o col monopattino elettrico utilizzando i tanti servizi offerti di sharing. (in fondo il link) Il centro ne è pieno – a volte parcheggiati anche male, ma questa è altra questione -, e girarci in Ztl può diventare un valido aiuto.
Fontane di Roma – Prima di iniziare
La premessa d’obbligo è che la realizzazione dei nuovi acquedotti dell’Acqua Paola nel 1610, l’Acqua Vergine nel 1570 e l’Acqua Felice nel 1587, ha fatto emergere la possibilità di erigere fontane sulle loro diramazioni per una distribuzione idrica più capillare sull’intera città.
Nei secoli passati c’era anche la consuetudine diffusa di indirizzare gli acquedotti che portavano l’acqua a Roma, una volta in città, in una fontana davvero speciale: la fontana “mostra”.
Era una vera e propria fonte, dove bere o prendere l’acqua, ma anche un monumento di grande bellezza, pronto ad arricchire una piazza o una strada, o mostrare la grandezza di chi ne aveva richiesto la costruzione, dai papi alle grandi famiglie nobili di Roma.
Il nostro giro parte da Piazza Barberini.
Ci fu un’epoca in cui la piazza, oggi centrale e trafficata, veniva considerata una zona amena, piena di verde e di aria buona.
Per questo le famiglie nobili stabilivano qui la loro residenza. E affinché non ci fossero equivoci, apponevano il loro nome alla zona, ecco perché nel tempo abbiamo avuto diverse denominazioni per ogni luogo.
Finché non giunsero i Barberini che, benché famosi per aver fatto più dei barbari, qui si comportarono decisamente meglio.
Infatti, approfittando della presenza di un ramo secondario dell’Acqua Felice commissionarono a Gian Lorenzo Bernini due fontane.
La prima, al centro della piazza, è nota come fontana del Tritone.
Fontana del Tritone
Tra il 1642 e il 1643 Urbano VIII Barberini (1623-1644) incaricò Bernini della realizzazione dell’opera come “pubblico ornamento della città” al centro della piazza dominata dal nuovo palazzo della sua famiglia.
Tritone è, nella mitologia greca, il figlio del dio del mare Poseidone. Bisogna immaginarlo mezzo umano e mezzo pesce e tutta la pelle verde. Aveva un corno di conchiglia, il cui suono calmava le tempeste e annunciava l’arrivo del dio del mare.
Così l’artista lo rappresenta: su una enorme conchiglia, con il busto eretto e le gambe squamose di un mostro marino. Il Tritone si erge imponente con la testa piegata all’indietro nello sforzo di soffiare nella grande conchiglia che sostiene con le braccia levate verso l’alto e da cui fuoriesce copiosa l’acqua.
Alla base sono quattro delfini con code intrecciate, tra i quali sono posti gli stemmi papali con le api, simbolo araldico della famiglia Barberini.
Ed è qui, proprio fra questi delfini che Bernini fa qualcosa che ama molto: stupire.
Fontane di Roma – Il genio di Bernini
Più innovativa e scenografica, tra le fontane di Roma questa è espressione della nuova concezione barocca dello spazio.
L’idea è che nella fontana la parte scultorea includa ed assorba completamente la stessa struttura architettonica: ovvero in questo caso la conchiglia su cui poggia il tritone funge da vasca per l’acqua.
Bernini impiegò per la prima volta un particolare espediente, che poi sfruttò di nuovo in seguito con successo: ovvero di creare la base cava del gruppo scultoreo principale.
Bernini studiò le spinte e i pesi della struttura in modo da far sostenere tutto il peso alle code dei pesci. Infatti si intrecciano per formare una sorta di piedistallo rialzato che, al centro, è fondamentalmente cavo.
Tutto ciò dona slancio ed eleganza senza pari.
La fontana del Tritone sonante, come iniziò a divenire nota per via del sibilo emesso dallo zampillo, divenne il ritrovo preferito di molti artisti in visita a Roma.
Fontana delle Api
L’altra fontana commissionata a Bernini per la piazza potrebbe sfuggire ai più, perché è un po’ nascosta alla vista.
Si trova infatti all’angolo della salita da cui parte via Veneto, la celebre strada della “Dolce Vita” degli Anni Cinquanta e Sessanta.
La richiesta del papa arrivò pochi mesi dopo la realizzazione della fontana del Tritone, il 6 aprile 1644 e la fontana fu realizzata nell’anno.
Si tratta di un fontanile ad uso dei viandanti ed è noto come fontana delle Api, ancora il simbolo della famiglia Barberini.
In origine era sull’angolo di palazzo Soderini, tra piazza Barberini e via Sistina. In uno dei locali del pianterreno dell’edificio.
Qui Bernini aveva infatti progettato un “bottino” per l’acqua, ovvero un sistema per raccogliere l’acqua di ritorno della fontana del Tritone.
La genialità di Bernini diede tuttavia, a quella che era a tutti gli effetti una struttura di servizio, un “beveratore delli cavalli”, l’insolita forma di una conchiglia bivalve aperta.
Dove la valva in alto, modellata per aderire all’angolo dell’edificio retrostante è decorata alla base da tre api, mentre la valva in basso funge da catino.
La fontana fu smontata nel 1865 per ragioni di viabilità e depositata nei magazzini comunali.
Nel 1915, quando si decise di ricostruirla, la maggior parte dei pezzi non fu però più ritrovata, e venne commissionata una copia ad Adolfo Apolloni.
Così, frammenti dell’ape centrale e della porzione di valva su cui poggia costituiscono le uniche parti originarie dell’opera.
Fontane di Roma – L’iscrizione
L’iscrizione ricorda l’intervento del papa per la costruzione della fontana e del fontanile come “pubblico ornamento della città”.
I racconti parlano di una curiosa polemica.
Nel testo originale, infatti, l’ultima riga riportava la data 1644 e l’anno 22 di pontificato.
Nelle intenzioni del Bernini voleva forse essere di buon augurio, dal momento che mancavano circa due mesi al compimento del ventiduesimo anno di pontificato di Urbano VIII.
La circostanza non sfuggì ai romani, arguti come pochi, che già non avevano particolare simpatia per la famiglia Barberini.
Una pasquinata di quei giorni sentenziò: «Havendo li Barberini succhiato tutto il mondo, ora volevano succhiare anche il tempo!».
Nel tentativo di rimediare, il cardinale Francesco Barberini, nipote del papa, fece cancellare l’ultima cifra dell’iscrizione (dall’originaria scritta XXII si tolse una I).
Ma il detto popolare recita che la toppa finisce per essere peggio del buco. Ed ecco che iniziarono a circolare voci che lo stesso nipote augurasse al papa di non arrivare al ventiduesimo anno, come infatti avvenne.
Urbano VIII morì otto giorni prima del ventiduesimo anniversario di pontificato.
Ovviamente i romani ne ebbero anche per le tre api.
Infatti, secondo i racconti, succhiavano una gran quantità di acqua dalla vasca del Tritone, ma ne restituivano pochissima in piccoli getti. Chiara è l’allusione alle ingenti tasse ed ai ben pochi benefici.
Fontana di Trevi
Lasciamo piazza Barberini e ci dirigiamo verso via in Arcione, direzione Fontana di Trevi.
“My Goddess!”, esclama Sylvia – aka Anita Ekberg -, quando alla fine di un vicolo le appare il monumento. Quando Fellini girò la scena era marzo. A marzo, a Roma, fa freddo…
La più grande di Roma e la più conosciuta delle fontane del mondo.
Protagonista di tante scene diventate iconiche, da La dolce vita di Federico Fellini al grande Totò che si spaccia per il Cavalier Ufficiale Antonio Trevi e riesce a vendere “la famosa Fontana – dice – che appartiene alla mia famiglia da molte generazioni”, contende al Colosseo il ruolo di simbolo della Città Eterna.
Fastosa e imponente: è la meta agognata di milioni di turisti in visita a Roma, ansiosi di buttare in acqua il magico soldino che consentirà loro, secondo la leggenda, di tornare.
Mostra terminale dell’acquedotto Vergine, unico degli acquedotti antichi (19 a.C.) ininterrottamente in uso fino ad oggi. È costruito da Marco Vipsanio Agrippa, fedele amico, collaboratore, generale e genero di Augusto.
Originariamente, al centro dell’incrocio di tre vie (Trevi è quindi una probabile derivazione), viene realizzata una fontana con tre bocche che riversano acqua in tre distinte vasche affiancate. Risale al 1410 la prima documentazione grafica della “Fontana del Treio” (o “di Trevi”).
Diciamolo subito, qua Bernini c’entra poco. Verso il 1640 papa Urbano VIII ordina a Gian Lorenzo Bernini di ripensare la piazza e la fontana, in modo da creare un nuovo nucleo scenografico addossato agli edifici poi inglobati nel retrostante palazzo Poli.
In realtà la realizzazione dell’attuale fontana di Trevi si deve a papa Clemente XII e l’autore è Niccolò Salvi, vincitore del concorso col progetto più monumentale e “di minor pregiudizio per il retrostante palazzo”.
Fontane di Roma – La descrizione
La fontana è articolata come un enorme arco di trionfo.
Una profonda nicchia digrada verso l’ampio bacino con una larga scogliera.
Fontana di Trevi | ©Fabio Magno
E tutto prende vita dallo scorrere spettacolare dell’acqua.
Al centro domina la statua di Oceano alla guida del cocchio a forma di conchiglia, trainato dal cavallo iroso e dal cavallo placido, frenati da due tritoni.
Al di sopra, i rilievi che alludono alla storia dell’acquedotto.
Infatti, secondo la leggenda, una fanciulla avrebbe indicato ai soldati di Agrippa in cerca di acqua, il luogo dove si trovavano le sorgenti, fino ad allora sconosciute.
Così vediamo Agrippa nell’atto di approvare la costruzione dell’acquedotto dell’Aqua Virgo di Giovan Battista Grossi (sopra la statua dell’Abbondanza). E la “vergine”, che mostra ai soldati il luogo dove si trovano le sorgenti d’acqua, di Andrea Bergondi (sopra la statua della Salubrità).
Da qui il nome di Aqua Virgo, acquedotto Vergine.
Al di là del mito, queste erano le acque migliori di Roma. Erano purissime perché prive di calcare e questo, anche se sicuramente meno romantico, è forse il reale motivo di tal nome.
Oggi l’Aqua Virgo, dopo 2000 anni, è usata per irrigare, ma quando ancora si attingeva per bere, le ragazze porgevano un bicchiere al fidanzato in partenza. Bicchiere che poi frantumavano in segno di augurio e fedeltà.
Fontane di Roma – L’asso di Coppe
Sulla destra, alla fine del parapetto, su via della Stamperia, c’è una curiosa statua a forma di vaso che poco c’entra col tema della fontana.
Per i romani è l’asso di coppe, come nelle carte da gioco.
Sembrerebbe che Salvi, l’autore della fontana, indispettito dalle continue critiche alla sua opera da parte di un barbiere con la bottega lì di fronte, fa scolpire il grosso vaso affinché il saccente barbiere non potesse più vedere lo svolgimento dei lavori e, di conseguenza, stressarlo con le proprie critiche.
E si trova proprio di fronte la fontana, la bottega del barbiere dove la principessa Audrey Hepburn si fa tagliare i capelli durante la sua “fuga” in Vacanze romane.
Fontana della Barcaccia
Percorriamo via della Stamperia verso largo del Nazareno e poi via, sempre dritto, fino ad arrivare a Piazza di Spagna.
E siamo qui, in una delle piazze più celebri di Roma, tra via dei Condotti e la Scalinata di Trinità dei Monti.
Un’atmosfera magica. Qui, a due passi dall’antica sala da the Babigton’s, e dove la “principessa” Audrey Hapbourn in “Vacanze romane”, annoiata dalla rigida etichetta, trova l’amore tra le braccia di Gregory Peck.
La fontana della Barcaccia è collocata al centro della piazza. È stata realizzata tra il 1626 e il 1629 per volontà di papa Urbano VIII Barberini.
Questi, come abbiamo detto, attua un progetto ben più elaborato, risalente al 1570, che prevede di ornare con fontane pubbliche le piazze più importanti attraversate dal ristrutturato Acquedotto Vergine.
Piazza di Spagna e via Condotti | ©Fabio Magno
In effetti già nel 1570 si individua questo luogo per la costruzione di una fontana, ma la bassa pressione fa ripensare il progetto con la costruzione di una cisterna, oggi scomparsa fisicamente, ma rintracciabile nella toponomastica del luogo (c’è via del bottino!).
La fontana fu commissionata a Pietro Bernini (1562-1629), architetto dell’Acqua Vergine dal 1623 e padre del più celebre Gian Lorenzo, il quale anche qui, diciamolo subito, probabilmente poco c’entra con il progetto.
Si decide quindi di collocarla nella piazza sottostante la chiesa della Trinità dei Monti che sorgeva allora sul bordo di una scarpata e che diverrà celebre scalinata coi suoi 135 scalini solo nel 1726.
Fontane di Roma – Barcaccia: perché?
La sua realizzazione non è stata semplice e comportò il superamento di alcune difficoltà tecniche dovute alla perdurante bassa pressione già riscontrata dell’acquedotto dell’Acqua Vergine in quel particolare luogo e che non permetteva la creazione di zampilli o cascatelle.
Pietro Bernini progettò una fontana assolutamente nuova rispetto alle opere realizzate a Roma fino a quel momento.
Infatti per bypassare l’inconveniente dovuto alla pressione, ideò la fontana a forma di barca semi sommersa in una vasca ovale posta leggermente al di sotto del piano stradale.
Un’opera più scultorea che architettonica.
La singolare vasca a forma di imbarcazione raccoglie l’acqua che fuoriesce da due grandi soli e dal catino centrale.
L’acqua straripa dai fianchi della barca, aperti in modo da offrire l’impressione che stia affondando e raccolta da un bacino sottostante nel quale confluiscono anche i getti provenienti da bocche di finti cannoni poste all’esterno della prua e della poppa.
Ai lati, i grandi stemmi papali: ancora le api, simbolo dei Barberini.
La storia, ok. La tradizione, invece, racconta che la sua particolare forma potrebbe essere stata ispirata dalla presenza sulla piazza di una barca in secca, portata fin lì dalla piena del Tevere del 1598.
Certo è che “barcaccia”, nella Roma Antica, era quel tipo di imbarcazione usata per il trasporto fluviale di botti di vino. Proprio come la fontana, aveva le fiancate basse per facilitare l’imbarco e lo sbarco delle botti.
Fontana della Barcaccia | ©Fabio Magno
Fontane di Roma – Piazza Navona
Lasciamoci alle spalle la Barcaccia e via, percorriamo la strada dello shopping per eccellenza, via dei Condotti, poi via del Clementino e via della Scrofa fino a piazza delle Cinque Lune ed eccoci arrivati.
Alla fine, il colpo d’occhio è spettacolare.
Piazza Navona. La più bella piazza barocca di Roma.
Ai tempi di Roma antica, era lo Stadio di Domiziano fatto costruire dall’imperatore nell’85.
Uno stadio e non un circo, quindi utilizzato principalmente per le gare di atletica.
Il fondo della piazza così come lo vediamo ora ha un andamento convesso, a dorso di mulo, datole dalla pavimentazione realizzata dopo il 1870.
Anticamente la piazza era invece concava. Si bloccavano le chiusure delle tre fontane e l’acqua veniva fuori in modo da allagare la piazza per le naumachie, spettacoli di battaglie navali.
Il 23 giugno del 1652 papa Innocenzo X inaugurò la consuetudine di farla allagare per far divertire e rinfrescare i Romani durante la calura estiva. Tutti i sabati e le domeniche di agosto le fontane venivano chiuse e l’acqua poteva debordare allagando la piazza che si trasformava quindi in un “lago”.
Fontana del Nettuno
Entriamo in piazza da nord.
Davanti a noi la prima delle tre fontane è detta anche “dei Calderari”, cioè i venditori di padelle, perché nella zona circostante operavano numerosi artigiani che realizzavano oggetti in rame.
Fontana del Nettuno | ©Fabio Magno
Ideata inizialmente come semplice abbeveratoio, la vasca è realizzata nel 1574 da Giacomo della Porta e rimase priva di decori fino al 1873, quando il comune di Roma emise un bando di concorso.
L’opera fu assegnata allo scultore siciliano Zappalà che creò le “Nereidi con putti e cavalli marini” e al romano Della Bitta per “Nettuno in lotta contro una piovra”, dove il dio è immortalato nell’atto di trafiggere il mostro.
Nel 1651 Bernini modificò alcuni particolari qui e, soprattutto, alla fontana del Moro sul lato opposto.
Fontana del Nettuno | ©Francesca Boccini
Fontana dei Quattro Fiumi
Insuperabile.
Quattro giganti nudi siedono ai quattro lati della vasca appoggiati allo scoglio centrale. Uno indica lo stemma della famiglia Pamphili. Un secondo copre il proprio volto con un panno. Un terzo sostiene una sacca dalla quale traboccano monete. Il quarto gigante, infine, regge un lungo remo.
È magistrale fusione di architettura e scultura.
La fontana dei Quattro Fiumi esprime movimento in ogni suo più piccolo particolare. Dalla vegetazione, alle statue, alla fauna rappresentata nel bacino e sulla scogliera, divenendo il fulcro intorno a cui ruota l’intero spazio circostante.
La Fontana dei Fiumi fu realizzata nel 1651 da Gian Lorenzo Bernini per iniziativa del pontefice Innocenzo X.
Fontana dei Quattro Fiumi | ©Francesca Boccini
Il Papa, infatti, in quegli anni si stava costruendo in forme monumentali il palazzo di famiglia e ad ornamento della piazza sostituì l’abbeveratoio installato insieme alle due fontane laterali negli anni Settanta del ‘500.
Affidò a Francesco Borromini il progetto della nuova conduttura che doveva portare a piazza Navona 180 once dell’acqua Vergine e, contemporaneamente, decise di trasferire sulla piazza l’Obelisco Agonale (copia romana di epoca domizianea) che giaceva in pezzi nell’area del circo di Massenzio sulla via Appia antica.
Quindi affidò l’incarico per la realizzazione dell’opera a Gian Lorenzo Bernini, che aveva presentato un modello in argento della nuova fontana.
La descrizione
La fontana è immaginata come una grande scogliera di travertino, scavata da una grotta con quattro aperture, che sorregge l’obelisco di granito.
Sugli angoli della scogliera sono collocate le monumentali statue marmoree dei quattro fiumi a rappresentare i continenti allora conosciuti, identificati anche dalla vegetazione e dagli animali scolpiti accanto:
il Danubio di Antonio Ercole Raggi per l’Europa, con il cavallo;
il Gange di Claude Poussin per l’Asia, con il remo e il dragone, per ricordare la sua facile navigabilità;
il Nilo di Giacomo Antonio Fancelli per l’Africa, con il capo velato – allusione alle sorgenti al tempo ancora sconosciute – associato al leone ed alla palma;
il Rio della Plata di Francesco Baratta per l’America con un braccio sollevato – forse per ripararsi dai raggi del sole rappresentato dall’obelisco – porta una sacca di monete a rappresentare il colore dorato delle sue acque ed accanto un armadillo.
Rio della Plata Nilo Danubio Gange
Sulla parte alta della scogliera sono due grandi stemmi marmorei della famiglia del papa Pamphilj con la colomba che porta nel becco un ramo di ulivo, e la stessa colomba, in bronzo, è collocata all’apice dell’obelisco.
Lo stile e lo spazio
Giriamo attorno la fontana catturati da ogni cambiamento di luce e ogni minimo particolare.
È un capolavoro.
Innovativo e scenografico, l’idea vincente fu quella di sospendere l’obelisco nel vuoto, in uno slancio verso l’alto.
Infatti il pesante manufatto non poggia su una base centrale ma sugli spigoli lasciando uno spazio vuoto al di sotto di esso.
La base cava ideata da Gian Lorenzo Bernini | ©Francesca Boccini
Bernini – abbiamo detto – aveva già applicato lo stesso principio nella Fontana del Tritone nel 1643.
Le diverse figure erano dipinte con vivaci colori. Inoltre in vari punti Bernini sottolinea il carattere allegorico della scena con particolari in oro.
Fontana del Moro
Realizzata nel 1574 da Giacomo della Porta e come abbiamo visto per la fontana del Nettuno, rinnovata dal Bernini nel 1653.
La gran parte dei fondi si spesero su questa, perchè – da poco – qui di fronte era stato edificato il palazzo Pamphilj, di proprietà della famiglia del papa.
In un primo tentativo, Bernini creò una lumaca da cui zampillava l’acqua.
Nel 1655 il gruppo scultoreo centrale fu sostituito con l’attuale “Moro”, che trattiene per la coda e strangola con le gambe un delfino.
L’acqua sgorga quindi dalla bocca del pesce, come risultato dello strangolamento.
Parte della spettacolarità delle opere di Bernini sta anche nel fatto di cercare sempre una soluzione narrativa logica che giustifichi, in questo caso, l’uscita dell’acqua!
Secondo una versione, il volto del «Moro» sarebbe ispirato alla statua di Pasquino (le Pasquinate altro non erano che versi satirici scritti, ovviamente in forma anonima, contro i potenti della Curia e poi appesi ad alcune fontane di Roma, tipo il Marforio o la fontana del Babbuino).
Una sorta di dispetto fatto al papa, dato che le statue parlanti, e Pasquino in particolare, erano all’epoca una grossa preoccupazione per i nobili e il clero in generale.
Fontana del Moro | ©Fabio Magno
Bernini Vs. Borromini
Piccola nota a margine.
La leggenda circa la presunta rivalità fra il Bernini e il Borromini racconta che a due delle quattro statue dei fiumi Bernini abbia voluto “concedere protezione” contro l’opera dell’avversario: al Nilo una benda sulla testa per sottrarsi all’infelice visione e al Rio della Plata una mano protesa per ripararsi dal forse imminente crollo della chiesa di Santa Agnese.
Al di là delle storie di colore, la Roma di Innocenzo X ha visto la sana rivalità di due geni che con stratagemmi a volte divertenti a volte estrosi si “soffiavano” a vicenda commissioni e progetti in continua gara per rendere Roma ciò che oggi il mondo ci invidia.
I Sapori nei dintorni
Ok. A noi il giro per le fontane di Roma ha messo appetito, quindi ci siamo diretti verso un posticino che ci ha visto spesso ospiti.
Osteria Da Mario a piazza delle Coppelle.
Loro sono di Amatrice, a Roma da tanto e hanno fuso le loro origini con la tradizione romana. Quello che ne viene fuori è veramente strepitoso e, tocca dirlo, non proprio leggero.
Assolutamente da provare, se di stagione, i carciofi alla romana. Ti si sciolgono in bocca!
Siamo vicini ai palazzi del potere, quindi può capitare di scorgere a qualche tavolo più in là un volto noto… ma, con l’invidiabile indolenza romana, ci si accorge presto che interessa a pochi. Qui vincono i piatti e basta.
Fontane di Roma – Info Utili
Ecco quanto ti serve per programmare la tua visita per le fontane di Roma. Se desideri saperne più, commenta qui sotto o contattaci sui social! Apri la mappa e ottieni il percorso
- Elenco sharing e-bike e monopattini elettrici a Roma
- Osteria da Mario. Piazza delle Coppelle, 51. Aperto a pranzo e a cena.
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