L’Antica Monterano la riconosce sicuramente l’appassionato di cinema perché è stata set cinematografico di decine di film, italiani e non.
Uno su tutti: il Marchese del Grillo in cui la chiesa di San Bonaventura diventa il rifugio del prete brigante Don Bastiano.
Siamo a 50 km da Roma, nel comune di Canale Monterano, dove i distretti vulcanici Sabatino e della Tolfa si incontrano.
A memoria dell’intensa attività vulcanica che ha generato questo territorio, ancora oggi, restano ad una manciata di km da qui la Caldara di Manziana e le Terme di Stigliano.
Un’area fatta di alture boscose e ricca di minerali, consacrata a Manth, il dio etrusco degli Inferi, che custodisce lo splendido borgo fantasma dell’Antica Monterano.
Probabilmente proprio da Manth deriverebbe il nome della città Manturianum (poi Manturanum).
Avevamo già visitato il borgo fantasma di Celleno (qui trovi la nostra passeggiata), ma a differenza di questo, Monterano è immersa nella natura che l’ha invasa ed avvolta dall’istante in cui è stata abbandonata.
Si rivela agli occhi del visitatore in tutto il suo malinconico incanto.
Si respira un’atmosfera sospesa, come se il tempo si fosse fermato. E le case siano state arredate da alberi e piante ed il brusio della vita umana sia stato sostituito dagli armonici suoni della natura.
Sembra quasi che la scenografia sia pronta, ma la troupe ancora non sia arrivata.
Antica Monterano – Un po’ di storia
La presenza etrusca è attestata dalle tante sepolture disseminate nella zona.
Dopo la Battaglia di Veio, Manturianum passa sotto il controllo dei Romani, ma vive un’epoca di spopolamento in seguito al prosperare della vicina Forum Clodii, nominata anche sede vescovile nel 502.
Solo in seguito alla sua decadenza causata dalle invasioni longobarde, Monterano torna a ripopolarsi grazie alla sua posizione strategica e allo spostamento della sede vescovile, attiva fino al X secolo.
Entrata nei possedimenti della Chiesa, nell’XI secolo è proprietà della potente abbazia romana di San Paolo fuori le mura (qui la nostra visita). A quest’epoca risale la costruzione della grande torre quadrata con basamento a scarpa, poi inglobata nelle mura difensive.
Nei secoli successivi la proprietà dell’Antica Monterano passa dagli Anguillara ai Colonna e poi agli Orsini.
Sono loro che sfruttano appieno le risorse minerarie del territorio estraendo allume e zolfo.
Ne scaturisce un periodo di benessere, sviluppo economico, crescita demografica e ampliamento urbanistico.
Nel 1671 Emilio Bonaventura Altieri acquista la città ed i territori circostanti. Non un Altieri qualunque, ma papa Clemente X.
Con lui l’Antica Monterano vive un periodo di rinnovamento artistico.
La decadenza dell’Antica Monterano giunge per un incrociarsi di fattori diversi.
La richiesta di zolfo crolla, il territorio inizia a diventare insalubre sia per le emanazioni delle pozze sulfuree che per l’avanzare della malaria.
Infine, nel 1789, tutta la zona viene messa a ferro e fuoco dalla truppe francesi.
Al tramontare del XVIII secolo la popolazione inizia ad abbandonare la città.
Gli ultimi a lasciarla saranno gli Altieri, non prima di aver scoperchiato il castello ed altri edifici.
Il che non impedisce le spoliazioni di praticamente tutto, mura perimetrali a parte, seguite tra ‘800 e ‘900.
Antica Monterano – Riserva Naturale Regionale
Il recupero dell’Antica Monterano inizia a partire dal 1956.
Prosegue grazie alla grande richiesta da parte delle produzioni cinematografiche e riceve un ulteriore input con l’istituzione della Riserva Naturale.
La città abbandonata infatti si trova al centro della Riserva Naturale Regionale Monterano, istituita dalla Regione Lazio nel 1988 ed ampliata nel ’92.
Regala la possibilità di passeggiate immersi in una natura variegata che va dalle forre vulcaniche ai boschi ai pascoli.
Siamo andati alla scoperta del borgo fantasma dell’Antica Monterano percorrendo il sentiero dell’itinerario naturalistico-culturale Diosilla-Monterano, inaugurato il 22 maggio 2022.
Una passeggiata non troppo impegnativa che unisce la bellezza di un sentiero immersi nella natura che attraversa almeno 3 tipi di paesaggio e l’immersione finale nel fascino malinconico e sorprendente del borgo fantasma.
Il Percorso
Cascata di Diosilla e torrente Bicione
Lasciata l’auto nel parcheggio, imbocchiamo la strada asfaltata e dopo pochissimi metri, sulla sinistra troviamo l’inizio del sentiero rosso Diosilla-Monterano.
Una scala in legno ci conduce alla cascata di Diosilla, dove l’acqua compie un salto di 15 metri.
Una piccola cascata dalle origini leggendarie.
Si racconta infatti che nasca dalle tante lacrime versate da una giovane per il cavaliere amato.
Quando la ragazza dai capelli rossi non lo vide tornare dalla battaglia pianse così tanto da tingere con la sua chioma le lacrime e generare la cascata.
Seguiamo il percorso del torrente Bicione in questa forra ricca di vegetazione che ci assicura fresco ed ombra tra felci e grandi alberi che crescono sfidando le leggi di gravità.
Il letto del torrente è rossiccio, colorato dai minerali disciolti nelle acque che vi scorrono. Anche quella che ci sembra schiuma, in realtà sono residui sulfurei non ancora completamente sciolti.
La Zolfatara e Il Cavone
Attraversiamo più di un ponticello in legno prima di giungere in un paesaggio che sembra lunare. In questo punto le rocce sono lisce e levigate dall’acqua, rese bianche dallo zolfo che riempie anche i nostri nasi.
Poco più in là, la Zolfatara. Una polla di acqua sulfurea, straordinariamente fredda, fa ribollire la terra.
Intorno a noi miniere scavate nel corso dei secoli.
Proseguiamo il nostro percorso lungo l’itinerario rosso immergendoci di nuovo nel verde, ma stavolta salendo.
Incontriamo dopo poco la tagliata etrusca detta “Il Cavone”.
Una tagliata è un varco creato dall’uomo nel tufo.
Le tagliate, per me, hanno un fascino straordinario. Soprattutto quando le attraversi e ti ritrovi in mezzo a queste pareti, alte ed imponenti, pensando al lavoro straordinario fatto secoli fa senza i mezzi meccanici che abbiamo noi oggi.
Il Cavone non è al momento percorribile a causa della caduta di alcuni grossi massi, ma si resta comunque ad ammirarlo con meraviglia.
Continuiamo a salire, fino a che nella piccola radura che si apre davanti a noi, iniziano a comparire gli elementi della vita umana che fu su questa altura.
Antica Monterano – Il borgo fantasma
Davanti a noi l’acquedotto, splendida quinta scenografica all’ingresso della città.
L’unico punto in cui è stato necessario, nel XVI secolo, realizzare un percorso fuori terra dell’acquedotto che conduceva le acque del fiume Mignone ad Oriolo e che, per pendenza naturale, le faceva affluire anche a Monterano.
Sulla nostra destra il Fontanile delle cannelle che dava ristoro a tutti coloro che arrivavano in città.
Accediamo all’Antica Monterano percorrendo il sentiero a sinistra dell’acquedotto che ci conduce alle possenti mura difensive.
È il momento ora che ognuno si senta libero di girare senza un percorso prefissato.
Anche noi ci dividiamo per entrare in un rudere piuttosto che in un altro, per scoprire un dettaglio, ammirare come la natura si sia impadronita di questi edifici, per cercare di ricostruire come poteva essere stato un tempo.
Il cuore dell’Antica Monterano è senza dubbio il castello nella parte più alta dello sperone tufaceo da cui dominava i dintorni.
Il castello
Il nucleo originario è costituito da una torre a base quadrata di epoca medievale, databile tra XII e XIII.
Nei secoli successivi la struttura fortificata si amplia fino alla costruzione delle due torri cilindriche sul lato opposto.
La famiglia Orsini inizia la trasformazione della fortificazione in residenza signorile tra il XVI e XVII secolo che culminerà con il progetto degli Altieri.
Nel 1617 Clemente X acquista Monterano ed i feudi di Oriolo e Vejano, ma la famiglia Altieri non ha eredi maschi.
Più volte la famiglia si era imparentata con i Paluzzi Albertoni. Clemente X aveva addirittura adottato Paluzzo Paluzzi, divenuto poi cardinale.
Il pontefice ottiene quindi che gli esponenti di questa famiglia prendano il cognome Altieri.
Dobbiamo a questi il rinnovamento artistico di Monterano, affidando il progetto a Gian Lorenzo Bernini e ai suoi stretti collaboratori, Carlo Fontana e Mattia de Rossi.
Nella città sullo sperone tufaceo giungono le linee eleganti e le visioni scenografiche tipiche del Barocco.
Abbiamo già visto l’acquedotto che domina come una quinta teatrale l’accesso al borgo.
Il progetto di rinnovamento del palazzo baronale, inizialmente affidato a Fontana, passa poi al Bernini nel 1679.
C’è tutta la sua potenza espressiva nella statua del leone che sormonta l’omonima fontana, oggi non più funzionante.
La cascata d’acqua che fuoriusciva dalla zampa del leone e correva lungo la finta parete rocciosa fino alla vasca sottostante doveva creare un sontuoso effetto spettacolare.
Anche la loggia finto-medievale a 6 arcate è un’ideazione del Bernini, per collegare le due torri laterali della facciata.
L’altro punto altamente scenografico, nonché l’edificio che ha fatto conoscere l’Antica Monterano al mondo attraverso il grande schermo, è la chiesa di San Bonaventura con annesso convento.
Chiesa di San Bonaventura
Si staglia all’orizzonte, sul pianoro fuori dalle mura della città. Isolata elegante e solenne.
Quasi stridono le linee aggraziate della sua architettura immerse in un contesto tanto naturale. Se ci pensate bene, siamo abituati a vedere una facciata come questa nel cuore dei centri storici.
Il progetto per San Bonaventura è di Bernini che disegna una chiesa a croce greca, sormontata da una cupola che terminava in una lanterna.
Nel braccio di fronte all’ingresso stava l’altare maggiore.
Nei due bracci laterali, invece, gli altari minori e due cappelline anch’esse dotate di altare.
In totale erano 7, dedicati a San Bonaventura, alla Madonna dei Sette Dolori, Sant’Agostino, Sant’Antonio da Padova, San Filippo Benizi, San Michele Arcangelo e San Giuseppe.
Ogni altare era sormontato da un tela, tranne l’altare della Madonna dei Sette Dolori decorato da una statua lignea.
Una parte di queste opere si possono ancora ammirare nella parrocchiale di Canale Monterano, dove vennero spostate al momento dell’abbandono della chiesa.
San Bonaventura ed il convento annesso sono innalzati tra 1677 e 1679.
Ancora oggi si percepisce la bellezza di un’architettura raffinata e movimentata con le modanature che rivestono i pilastri, le cornici in stucco che ospitavano le tele e gli archi.
La facciata presenta un unico portale decorato da un timpano spezzato, sormontato da un timpano all’interno del quale si apre un oculo. Era affiancata da due campanili laterali, mentre di fronte all’ingresso si trova una fontana con vasca ottagonale.
Si tratta di una copia, l’originale è stata spostata nella piazza del Comune di Canale.
Il fico di San Bonaventura
È stato per 200 anni il discreto custode di questa chiesa.
Ufficialmente denominato il fico di San Bonaventura e annoverato tra gli alberi monumentali della regione Lazio.
Molti di noi, però, lo hanno sempre considerato il fico di Don Bastiano, perché ai suoi piedi sedeva il prete-brigante de Il Marchese del Grillo di Monicelli impersonato da un immenso Flavio Bucci.
Il 25 giugno giunge dalla Riserva Naturale la comunicazione che una buona parte del tronco si è distaccata ed i grandi rami sono crollati.
Sono in corso accertamenti per capire se una parte di questo meraviglioso esemplare si sia salvata e se potrà tornare a riempire l’interno della chiesa con la bellezza della sua maestosità.
Porta Cretella
Riprendiamo il nostro percorso intorno all’Antica Monterano e giungiamo a Porta Cretella.
Era una delle tre porte della città. Da qui si accedeva al fosso del Bicione e alle miniere di zolfo.
È ancora discretamente conservata ed è particolare, perché si apre obliquamente rispetto alle mura difensive.
È un esempio di cosiddetta porta scea, costruita in questo modo per evitare che il nemico sfondasse frontalmente ovvero con la massima forza d’urto.
Per raggiungerla, passiamo davanti ad antiche tombe etrusche (riutilizzate nei secoli successivi come stalle e cantine) e camminiamo su un sentiero fatto di basolati romani riutilizzati.
Risalendo si torna nella piazza principale. Merita un ultimo passaggio, prima di tornare al parcheggio percorrendo la strada asfaltata che inizia nei pressi della Zolfatara.
Antica Monterano – I sapori nei dintorni
Se, come noi, organizzerete questa passeggiata nel periodo estivo, consigliamo di programmarla nel tardo pomeriggio e di consultare la pagina Facebook della pro loco di Canale Monterano.
Durante l’estate infatti è un susseguirsi di sagre ogni week end diverse, tutte dedicate alle bontà gastronomiche del territorio. Prossimamente sono in programma a luglio ed agosto quella del cinghiale, della patata, degli gnocchi, dei lombrichelli, della ciccia, delle pappardelle.
Antica Monterano – Info utili
Ecco quanto ti serve per programmare la tua passeggiata alla scoperta dell’Antica Monterano. Se desideri saperne più, commenta qui sotto o contattaci sui social! Apri la mappa e ottieni il percorso.
- Parcheggio Diosilla gratuito. Nei giorni di maggior affluenza, c’è un’area parcheggio 300 metri prima.
- Riserva Naturale Regionale Monterano. L’accesso è libero e consentito tutto l’anno. Oltre al sentiero rosso Diosilla-Monterano, è possibile percorrere altri due itinerari. Qui la carta dei sentieri dove sono segnalati anche i punti acqua.
- Consigliate scarpe con suola scolpita.
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