Il Quartiere Coppedè, non è un quartiere in senso stretto. È un angoletto sublime di Roma dove il tempo e lo spazio si muovono con un moto diverso, più lento.
Un luogo che cattura lo sguardo e fa correre la fantasia per le tante figure ancestrali e simboli massonici che si rincorrono.
Alla ricerca delle segrete regole e dei saperi filosofici e matematici di varia natura e origine.
Perché visitare il Quartiere Coppedè
La preziosità di questo luogo inizia proprio dal nome.
Porta il nome di una persona, Gino Coppedè. Ogni strada, ogni casa, ogni monumento e persino ogni fiore piantato ci racconta un po’ della sua vita, del suo pensiero e del gusto dei suoi tempi.
Un valore che, ruffianamente, ci spinge ad andare oltre e indagare su la mente che lo creato, che poi è essa stessa l’anima di quel luogo. Questo è il quartiere Coppedè!
Siamo all’interno del quartiere Salario-Trieste, in un’area di circa 31.000 mq, poco distanti da Villa Borghese, dove Viale Regina Margherita si incrocia con via Po.
E qui sono i diciotto palazzi e le ventisette tra palazzine ed edifici che lo compongono, disposte intorno al nucleo centrale di piazza Mincio.
Le ridotte dimensioni del quartiere e la concentrazione degli edifici attorno Piazza Mincio, ne fanno un luogo facilmente visitabile da grandi e piccini.
In meno di due ore si ha la possibilità di andare a spasso nel tempo: di tornare ai primi anni del Novecento quando Roma, da poco eletta capitale del nuovo Stato italiano, sta compiendo, con un certo fermento, la propria metamorfosi.
Da città dei papi a città moderna al passo con le contemporanee capitali d’Europa.
Il quartiere Coppedè offre poi l’occasione, più unica che rara in questa città, di scoprire luoghi dove si intrecciano segni e riferimenti magici legati all’esoterismo, la Massoneria ed il simbolismo.
Chi è Gino Coppedè
Gino Coppedè, figlio di ebanista, nasce a Firenze il 26 settembre del 1866. Nel 1889 sposa Beatrice, figlia dello scultore Pasquale Romanelli.
Ottiene il Diploma di Professore di Disegno architettonico presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze.
L’incontro che ci cambierà la vita è alla fine del secolo: conosce l’assicuratore Evan Mackenzie grazie al quale Gino darà vita al suo primo grande progetto di architettura residenziale: la riprogettazione del castello della famiglia Mackenzie ubicato nel quartiere Castello di Genova.
È il momento delle grandi soddisfazioni e della fama anche fuori dalla Liguria.
Il successo a Roma – il Quartiere Coppedè
Nei primi del Novecento entra a far parte della Regia Accademia delle Arti del Disegno di Firenze e sempre negli stessi anni arrivano altri prestigiosi incarichi. Alla brillante carriera accademica aggiunge il titolo di ingegnere conseguito grazie alla nomina della Regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri di Roma.
Tra la Prima Guerra Mondiale e gli anni immediatamente successivi presiederà ai lavori in diversi cantieri italiani tra cui quello del quartiere romano che porta il suo nome. Nel 1917 diventa docente di Architettura presso l’Università di Pisa, trovando il riconoscimento da parte del mondo accademico che da sempre lo aveva accompagnato.
Particolare di Villino delle Fate ©Fabio Magno
Tra il 1925 e il 1927, poco prima di morire il 20 settembre del 1927, dà vita ad un ultimo innovativo e stravagante progetto romano, un palazzo in via Veneto con affaccio su Piazza del Tritone e che, proprio per la sua eccentricità, comporterà un completo fraintendimento del suo stile.
Gino Coppedè riposa nel cimitero di San Miniato a Firenze.
Il Quartiere Coppedè
Premessa storica per la realizzazione del Quartiere Coppedè è il Piano regolatore del 1909 voluto dal Sindaco Ernesto Nathan e curato dal Tecnico Edmondo Sajust di Teulada, volto a controllare l’espansione urbanistica della Roma post-unitaria.
Le linee guida prevedono una differenziazione tra fabbricati destinati all’abitazione intensiva, che non devono superare i 24 metri di altezza, ed i villini e le ville.
Diverse tipologie residenziali ©Fabio Magno
Il villino, con i suoi tre piani ed il giardino è la tipologia architettonica più in voga nelle aree all’epoca considerate periferiche e destinate al nuovo ceto emergente, quello della borghesia.
Il quartiere Coppedè sorge presso l’attuale Piazza Buenos Aires, già Piazza Trasimeno.
La salubrità dell’aria e l’aspetto aristocratico ne fanno una delle zone adatte al nuovo sviluppo urbanistico.
I lavori vengono iniziati nel 1917 e terminati gradualmente nel 1927.
Quartiere Coppedè – Lo stile
Il principio base su cui si fonda tutta l’architettura di Coppedè è quella del castelletto quattrocentesco: trattato e sviluppato attraverso un continuo rigenerarsi dei suoi elementi distintivi.
Ecco quindi l’abbondare di torri, torrette, comignoli, putti reggenti scudi e armi. I continui richiami alla tradizione classica con gli amorini e allo stesso tempo all’arte barocca con paffuti bambini che fluttuano nell’aria e sfidano ogni forza di gravità.
E tutti questi elementi assumono significati simbolici.
Particolari decorativi | ©Fabio Magno
Coppedè predilige archi di trionfo e figure classiche a bassorilievo – tipiche della tradizione romana – e le combina, in maniera più o meno bizzarra, ad elementi medievali, barocchi e liberty.
Gino Coppedè è maestro nel far dialogare insieme tutti questi linguaggi.
L’idea che infine ne scaturisce è quella di un “pastiche” di vita brulicante, giocosa e ironica che anima le facciate dei palazzi.
A rendere il tutto ancora più enigmatico e misterioso è la mancanza di documenti storici che descrivano il progetto. Quindi spesso la difficoltà è nel distinguere gli edifici certamente di Coppedè da quelli frutto degli adeguamenti successivi.
Quartiere Coppedè – L’ingresso di Via Dora
Lo stacco è prepotente. L’esagerato lampadario che decora la Via Dora lo sottolinea: allude a quell’idea di mondo favolistico che ritroviamo nei restanti edifici.
Il punto di forza del progetto consiste nell’inserimento di un arcone che diagonalmente dà accesso al quartiere attraverso la via Dora.
L’arco arricchisce la pianta armoniosa in linea con la trazione urbanistica romana, per la quale una piazza con al centro una fontana, la futura Piazza Mincio, costituisce il punto di convergenza di tutte le vie che attraversano un quartiere.
L’effetto che ne deriva è altamente scenico e consente di interpretare il luogo come un complesso organico separato da tutto il resto.
Quartiere Coppedè – L’arcone
Lo stemma della famiglia Medici è posto come chiave di volta dell’arcone.
Allude sicuramente alle origini fiorentine dell’architetto e, tra le righe, rimanda alla leggenda che vuole nelle sei palle la rappresentazione delle coppette per i salassi: una chiara corrispondenza linguistica al cognome Coppedè.
L’enorme lampadario in ferro battuto con putti in stile quattrocentesco si staglia su un soffitto in ceramica policroma che ricorda i lavori di Della Robbia (ne parliamo qui, nell’articolo su Viterbo).
Le decorazioni sono varie: figure antropomorfe e contraddistinte da specifici attributi come il braciere, l’incensiere, la civetta, il gallo, il falcetto, le ali di farfalla e la lepre. E tutte popolano le facciate.
La rappresentazione degli animali è legata all’iconografia delle divinità pagane protettrici del focolare domestico e al concetto di laboriosità umana.
Basti pensare all’associazione Venere-lepre, Apollo-gallo e Atena-civetta.
Capitelli ©Fabio Magno
E poi le teste di ariete ed una serie di figure mitologiche come Medusa, Vittorie ed Efebi.
Spicca tra tutte una bellissima donna panneggiata che sta per spiccare il volo dalla polena di una nave che emerge dalle onde del mare.
Alla decorazione scultorea si aggiunge anche la decorazione pittorica incentrata sul tema cavalleresco.
Il Palazzo degli Ambasciatori
I primi palazzi che si incontrano sono detti degli Ambasciatori per via delle personalità che li acquistano una volta ultimati nel 1921, come recita l’iscrizione ERECTA ANNO DOMINI MCMXXI.
Affacciano sulle vie Tagliamento, Brenta, Dora, Tanaro e su Piazza Mincio.
Si tratta di abitazioni intensive. Tuttavia a chi osserva gli edifici dall’esterno sfugge la moltitudine degli ingressi, che si confondono tra la ricchissima decorazione.
La rivista “L’Architettura” nel 1921 promuove la vendita degli appartamenti e descrive gli interni con queste parole: “…con banco da fuoco in ferro, con forno e caldaia in rame, fornelli per gas e carbone dolce, di grande acquaio e scolapiatti in marmo….riscaldamento a termosifone…”
Lo stesso Coppedè risiederà qui con la sua famiglia, precisamente in Via Dora 2.
Sempre nella stessa via, lungo una delle colonne che sorreggono l’arcone, Gino Coppedè ha lasciato la sua firma.
Sul lato opposto, una bellissima ed insolita statua della Vergine che offre il Bambino al viandante, accoglie i visitatori proprio all’ingresso di via Dora.
Firma di Coppedè Vergine con Bambino | ©Fabio Magno
Lungo le pareti, infine, due balconate che sembrano riproporre un finto loggiato.
Quartiere Coppedè – Piazza Mincio
Superato l’arcone e attraversata via Dora, si arriva a Piazza Mincio, il perno degli assi viari del quartiere.
Al numero 2 troviamo un altro edificio caratteristico proprio per la decorazione che lo contraddistingue. L’iscrizione sulla balconata ci informa sull’anno di realizzazione, il 1926.
Palazzo su piazza Mincio n. 2 | ©Fabio Magno
Le forme sono monumentali.
L’arco a tutto sesto ribassato e la forte strombatura del portone vengono ingentiliti dagli affreschi oro e blu, dalle rappresentazioni zoomorfe, i motivi geometrici in bianco e nero e gli scudi araldici in basso.
Le diverse iscrizioni latine danno voce alla facciata del palazzo e animano le decorazioni.
Palazzo del Ragno
Al numero 4, sul lato oppposto, Palazzo del Ragno, terminato nel 1926.
Facile individuare le ragioni di questa denominazione: un ragno dorato in finto mosaico a stucco graffito.
Palazzo del Ragno su piazza Mincio | ©Fabio Magno
Di particolare effetto è la trama geometrica della ragnatela, così come la stessa corporatura esile dell’animale.
Anche qui la facciata, articolatissima con le sua torretta a padiglione, il loggiato, le multiformi aperture e il ricchissimo portone, è una summa dei diversi elementi iconografici, stilistici e linguisti che caratterizzano l’architettura di Gino Coppedè.
Due iscrizioni: la prima, LABOR, che troneggia nel rettangolo del prospetto principale, accompagnata dal cavallo con in groppa un’incudine, una bardatura di martelli e due grifoni.
La seconda, sul lato dell’edificio su via Tanaro, ARTIS PRAECEPTA RECENTIS MAIORUM EXEMPLA OSTENDO (“Dimostro moderne conoscenze artistiche sulla base di esempi classici”).
Entrambe sono un manifesto della volontà dell’artista di affermarsi come architetto indipendente.
Infine i martelli così come l’incudine rientrano nell’ambito della simbologia massonica.
Gli uni sono espressione della volontà di spezzare le catene della schiavitù intellettuale, l’altra il simbolo per eccellenza della produttività.
La fontana delle Rane
Non si può andare avanti senza soffermarsi sulla deliziosa fontana delle Rane.
Occupa il centro della piazza ed è stata recentemente restaurata.
Terminata nel 1924, è sicuramente la punta di diamante dell’intero progetto.
È realizzata in cemento e si compone di una serie di bacini. Quelli intermedi sono a forma di conchiglie rette da figure maschili, forse tritoni, e tutti popolati da rane.
Molto scenica è la rappresentazione delle reti da pescatore con i crostacei ai piedi della fontana.
I Villini delle Fate
I palazzi che sicuramente destano più meraviglia sono quelli noti come Villini delle Fate (1924-1925) tra le vie Aterno, Brenta e Piazza Mincio.
L’effetto scenografico derivante dalla decorazione esterna ed interna, abbondantemente descritta dai giornali dell’epoca, ne fanno il simbolo del quartiere.
A partire dai primi anni del Duemila diventano proprietà di una società privata promotrice di un importante restauro che, tra le altre cose, ha riportato in vita l’originario splendore della decorazione.
Internamente gli affreschi della sala da pranzo al primo piano ripropongono le opere di Leonardo da Vinci.
Ai piani superiori le vetrate artistiche, i mosaici pompeiani, le tappezzerie ed altri affreschi contribuiscono ad esaltare il lusso e lo sfarzo degli edifici.
Esternamente la decorazione è divisa in fasce.
Partendo dal basso è una prima banda a motivi geometrici, segue più in alto un festone con putti ed infine una teoria di personificazioni, sul tipo dei ritratti di uomini illustri, all’interno di bifore a forma di nicchie.
Diversi dipinti con iscrizioni alludono alle più importanti città d’Italia: Firenze, Roma, Milano e Venezia.
Altri edifici su Via Brenta, Via Olona, Via Ombrone, Via Tanaro, Via Arno, Via Serchio e Piazza Trasimeno, sono oggi per lo più sedi di ambasciate, uffici commerciali e scuole.
Tutti insieme contribuiscono con le loro architetture ed i fantasiosi elementi decorativi a fare del quartiere Coppedè uno scrigno prezioso nel cuore di Roma.
Simboli e Massoneria
Veniamo però al dunque. A ciò che ci ha attratto e che vi starete chiedendo.
Ci sono diversi messaggi sottesi alle figure che, sotto forma di elementi decorativi ed architettonici, animano gli ambienti esterni ed interni degli edifici del quartiere Coppedè.
Il tema della casa-protezione, quello della rinascita attraverso un percorso, o quello del lavoro dell’architetto, sono tutti aspetti che, più o meno esplicitamente, appartengono alla cultura e al linguaggio massonico.
Il gallo
Ad esempio, il mosaico con il gallo che intinge la zampa su una coppa, affiancato da tre dadi, immagine che ritroviamo nella facciata del palazzo sito in via Brenta n. 26, oggi sede del Liceo Scientifico Avogadro.
L’animale, dai colori vivaci su un fondo oro mosaicato, rappresenta il risveglio che si ottiene grazie ad un processo di iniziazione.
I dadi sarebbero il livello di apprendista, ossia di colui che deve essere iniziato e la coppa, infine, l’illuminazione, la conoscenza.
Questo tema della rigenerazione, lo si incontra nei diversi edifici anche sotto altre forme.
La lucertola, la rana, il serpente, la spiga
Ad esempio con l’immagine della lucertola, proprio per la caratteristica rigenerativa della coda.
La rana a causa del suo processo evolutivo da uovo a girino a quadrupede. Il serpente, sacro ad Esculapio, la cui simbologia si arricchisce anche di significati legati al tema del Bene e del Male.
Stesso valore di metafora di rinascita ha la spiga.
Le colonne annodate
Un secondo tema sviluppato più volte è quello delle colonne annodate che incontriamo sotto l’arcone di Via Dora ad esempio.
Esse simboleggiano la corde d’union che delimita la parte superiore del Tempio Massonico.
I significati sono molteplici: la relazione tra i confratelli ad esempio, o il riferimento al lavoro edile di cui la corda è uno strumento.
A tal proposito si pensi al ruolo della Massoneria nell’ambito del nuovo sviluppo urbanistico romano fondato su un nuovo potere laico e anti clericale.
L’albero, il cane, l’ape, l’ariete, il pesce
Ma ci sono le altre immagini che si incontrano passeggiando tra le vie del quartiere Coppedè.
L’albero è espressione della vita e l’aquila è simbolo di forza e vittoria.
Api | ©Fabio Magno
L’ape, espressione di laboriosità. L’ariete, legato all’astrologia ed alla leggenda del vello d’oro, è metafora della ricerca della saggezza.
Il pesce, segno zodiacale, simbolo dell’acqua ed ampiamente interpretato come acrostico del nome di Cristo.
Il cane, il cavaliere, il cavallo
Poi ancora il cane, simbolo di fedeltà e vigilanza.
Il cavaliere, personificazione di ideali che hanno ampia diffusione nella Roma antica e nel Medioevo: si pensi al ciclo di Re Artù.
Il cavallo, in base al suo colore è l’espressione della sua vicinanza agli dei celesti (bianco), o agli dei degli Inferi (nero).
Particolari dei villini ©Fabio Magno
La chimera, la chiocciola, la conchiglia
La chimera rappresenta il Male, proprio per il suo aspetto ibrido; mentre la chiocciola assume il significato di lentezza, casa e rigenerazione.
La conchiglia è legata sia a figure pagane come Venere sia cristiane come San Rocco e San Giacomo ed è anche simbolo della passione ed interesse per il mondo esotico.
Finestre sfalsate e colonna panciuta Ambasciata del Congo | ©Fabio Magno
La coppa, il vaso, la cornucopia, la corona, i dadi
La coppa, il vaso e la cornucopia alludono ai concetti della ricerca di un tesoro, inteso come conoscenza, e della fecondità.
La corona, indicativa del rango, mentre i dadi indicano ciò che è durevole e saldo.
Banderuola e meridiana Villini delle Fate | ©Fabio Magno
La fiaccola
La fiaccola. La fiamma accesa oltre ad essere un simbolo di speranza, allude ai culti misterici del Dio Mitra come simbolo di vita e morte, o al mito di Prometeo come simbolo della conoscenza.
La civetta, il gufo
La civetta e il gufo hanno una doppia accezione: positiva, perché esprimono l’idea della conoscenza in quanto animali sacri a Minerva, e negativa, perché animale forieri di cattive notizie.
Comignoli Putti Rane Pescatori | ©Fabio Magno
La lepre
Anche la lepre assume molti significati, come simbolo di prolificità e per questo legata a Venere, di ritrosia, e di velocità.
Il ragno
Il ragno è la personificazione del sole, i cui raggi ricordano la trama della ragnatela.
Le maschere, gli scudi, Medusa, i putti
Abbondano gli elementi legati alla cultura classica, come mascheroni e scudi dal valore apotropaico, teste di Medusa e putti personificazioni dell’amore ed espressione di giocosità.
Mascheroni e putti | ©Fabio Magno
La pantera, il grifone
Ancora, la pantera è legata a diversi personaggi della mitologia come Dioniso, Venere, Orfeo, Giasone.
Il grifone, con la sua doppia natura leone/aquila, è espressione delle caratteristiche di entrambi gli animali, potenza e coraggio.
Grifone e leoni ©Fabio Magno
La nave, il nodo, la vite
La nave rappresenta il viaggio della vita.
Il nodo che si stringe o si slega allude alla volontà di legarsi reciprocamente o di liberare poteri imprigionati.
La vite, infine, sacra al dio Bacco, viene anche accostata all’immagine del sacrificio di Cristo.
Decorazioni sulle facciate dei villini ©Fabio Magno
Il Quartiere Coppedè e il cinema
Inutile dire come il quartiere Coppedè abbia fatto fantasticare registi e attori da sempre.
Diversi i set cinematografici: da Cabiria del 1919 di Giovanni Pastrone a Inferno del 1980 di Dario Argento.
Lo hanno scelto come location proprio per questo suo aspetto magico e misterioso contribuendone ad accrescerne la fama di luogo da favola.
Scorci pittoreschi ©Fabio Magno
Il Quartiere Coppedè – I Sapori nei dintorni
Abbiamo scovato un posticino che ci sentiamo decisamente di consigliarvi.
Alambicco a via Tronto: una caffetteria, ristorante e – tenetevi forte – rhumeria.
Un ambiente curato, personale accogliente e cortese, un’attenta selezione delle materie prime. E poi proposte culinarie originali, a tratti intriganti soprattutto nelle ricette rielaborate della cucina romana.
Abbiamo pranzato scegliendo dalla carta e abbinando una proposta Alambicco: 3 formule che vi permettono di comporre il vostro pranzo con 1, 2 o 3 portate scegliendo da una selezione.
Tutte comprendenti acqua e cestino di pane (buonissimo).
I ravioli di carbonara dentro e fuori sono da applauso. Adesso tocca tornare per provare la lista dei distillati, magari in abbinamento ad uno dei loro meravigliosi dessert.
Il Quartiere Coppedè – Info Utili
Ecco quanto ti serve per programmare la tua visita per il Quartiere Coppedè a Roma. Se desideri saperne più, commenta qui sotto o contattaci sui social! Apri la mappa e ottieni il percorso
Essendo un quartiere puoi scegliere il momento che preferisci per la tua visita.
Feriale, festivo, di giorno o di sera.
Il parcheggio è sempre un terno al lotto da queste parti, ma con un po’ di fortuna si trova…comunque sulle strisce blu.
Ben collegato con i mezzi pubblici.
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