Il Giardino di Boboli è una delle meraviglie da non perdere a Firenze. Una passeggiata affascinante tra arte e natura percorrendo viottoli e viottoloni, sentieri e terrazze che rendono questo luogo unico.
Giardino granducale di palazzo Pitti e polmone verde di Firenze con i suoi 45 mila metri quadri di estensione, dal 2013 è Bene Protetto dall’Unesco insieme al giardino di Pratolino e altre 12 ville medicee sparse sul territorio toscano.
A Bagnaia, vicino Viterbo, abbiamo visitato il primo esempio di giardino all’italiana (qui l’articolo su villa Lante).
Ecco, Boboli è uno degli esempi sublimi di quest’espressione artistica italiana.
E forse qualcosa in più ancora.
Più di uno studio, infatti, parla del giardino di Boboli in chiave alchemica.
E siamo certi che ci sia della verità in questa interpretazione, considerando che i committenti – Cosimo I e Eleonora di Toledo – ma anche Francesco I che succede loro, erano appassionati studiosi di alchimia.
La passeggiata può durare anche tre ore. Il consiglio è di munirsi di una mappa cartacea (presso la biglietteria di palazzo Pitti) da poter consultare continuamente.
Noi abbiamo utilizzato quella scansionabile con QR code dalla cartellonistica del giardino, ma non ci siamo trovati affatto bene e ci siamo persi dei punti – come la fontana dei Mostaccini, il giardino del Cavaliere o la statua del Nano Morgante.
Giardino di Boboli – Storia
Siamo Oltrarno, nel 1418, quando il banchiere Luca Pitti acquista dei terreni dalla famiglia Borgolo (pare che Boboli nasca proprio dalla contrazione di questo cognome).
Commissiona la costruzione di un palazzo che doveva essere ben più grande e sontuoso di quello dei Medici sull’altra sponda.
Si racconta che per fare ciò, scegliesse il progetto di Brunelleschi che Cosimo I aveva scartato perché eccessivamente sfarzoso e che si raccomandasse di fare le finestre più grandi del portone di palazzo Medici ed una corte interna così da grande da poterlo contenere tutto.
Lo sfarzo inseguito da Luca Pitti costa alla famiglia il tracollo finanziario e così, nel 1459, i Pitti vendono la proprietà ad Eleonora di Toledo.
La moglie di Cosimo I infatti voleva abbandonare la vita cittadina alla ricerca dell’aria più salubre che si respirava Oltrarno.
Ai coniugi si deve l’idea del giardino, la cui progettazione è affidata all’architetto fiorentino Niccolò Tribolo.
I lavori si protraggono negli anni e vedono assecondarsi alla guida alcuni degli architetti più illustri, come Bartolomeo Ammannati e Bernardo Buontalenti.
Nei secoli successivi la proprietà passa dai Medici ai Lorena ed infine ai Savoia, con la prima apertura al pubblico nel tardo XVIII secolo per volontà di Pietro Leopoldo di Lorena.
Giardino di Boboli – Il percorso
L’ingresso principale è da palazzo Pitti.
Questo ci permette di attraversare il cortile d’onore e percepire la grandiosità della dimora, anche se non la visiteremo.
Il percorso ci porta immediatamente nella parte più scenografica del giardino: l’Anfiteatro progettato da Tribolo. È stato realizzato sbancando in parte la collina: la pietra forte di risulta è stata impiegata per la costruzione di parte di palazzo Pitti.
Giardino di Boboli – Anfiteatro, Nettuno e Abbondanza
L’Anfiteatro è inaugurato nel 1687 e vi campeggia, inizialmente, la fontana dell’Oceano di Giambologna, poi spostata al centro dell’Isolotto.
Il suo fulcro visivo è oggi la grande vasca in granito grigio di epoca romana e l’obelisco egizio in granito rosa (1200 a.C.), l’unico di tutta Firenze e il monumento più antico di tutta la Toscana.
Lo trasferisce il granduca Pietro Leopoldo dalla romana villa Medici nel 1790, mentre la vasca giunge dalla stessa collezione di antichità nel 1840.
In linea retta, al livello superiore, vi è il grande bacino, creato nel 1777, con al centro la fontana di Nettuno di Stoldo Lorenzi (1565-68), amabilmente chiamata dai Fiorentini “fontana della Forchetta”.
Il laghetto raccoglie l’acqua necessaria all’irrigazione dell’intero giardino.
Completa la sequenza scenografica ancora più su la grande statua dell’Abbondanza. Iniziata da Giambologna, doveva raffigurare la moglie di Francesco I, la regina Giovanna d’Austria.
La porta a termine il suo allievo Pietro Tacca che rileva la bottega alla sua morte e nel 1609 lo succede come scultore granducale a corte.
La statua nel frattempo è sottoposta a modifiche in seguito alle mutate vicende di corte e terminata nel 1636, sotto il governo di Ferdinando II, con gli attributi dell’Abbondanza a testimonianza del periodo di prosperità che la città sta vivendo.
È ancora possibile salire di livello, attraverso la scala a doppia rampa a tenaglia, e raggiungere il giardino del Cavaliere con la palazzina che ospita il museo delle porcellane.
Giardino di Ganimede e Kaffeehaus
Salendo lungo l’asse, sul lato sinistro, si trova un’area sistemata negli anni ’70 del XVIII secolo. In origine vi erano delle terrazze coltivate a vigna e frutteto.
Isabella de’Medici, figlia di Cosimo, commissiona a Giovanni Battista Lorenzi il bel gruppo di Ganimede e l’Aquila per la villa di Pratolino.
Solo in un secondo momento viene spostato a Boboli e riadattato a fontana, con l’inserimento del cannello per l’acqua nel becco dell’aquila intorno al 1775.
In quegli stessi anni, Zanobi del Rosso progetta per Pietro Leopoldo il grande padiglione caratterizzato da quelle linee orientaleggianti delle turqueries che andavano tanto di moda all’epoca.
A dispetto del suo nome, nella Kaffeehaus non si serviva caffè. Gli ospiti a passeggio nel parco si fermavano qui per degustare una bevanda in gran voga: la cioccolata.
Prato dell’Uccellare
Ridiscendendo dal giardino del Cavaliere, lungo i viali più ampi si incontra il prato dell’Uccellare. Circondato da lecci cipressi e un secolare cedro del Libano, vi campeggia al centro una colonna spezzata e, di fronte, il Tindaro Screpolato (1997), opera di Igor Mitoraj.
Questo artista contemporaneo elabora le sue opere come parti mutile di sculture della mitologia classica. Monito per il fruitore contemporaneo all’inevitabile scorrere del tempo, ma anche omaggio all’immortalità della bellezza classica e dei suoi canoni estetici.
Giardino di Boboli – Viottolone
Poco dopo incrociamo il viale dei Cipressi – o Viottolone. Fa parte dell’ampliamento verso est voluto da Cosimo II e progettato da Giulio e Alfonso Parisi nel secondo decennio del Seicento.
È l’asse perpendicolare principale che ci conduce verso porta Romana ed un punto di una bellezza particolare: l’Isolotto.
Lungo il percorso ci accompagnano i secolari cipressi piantati nel 1637, coppie di statue dell’epoca o antiche (sempre un personaggio maschile abbinato ad uno femminile), mentre il vialone è circondato di cerchiate e ragnaie ideate negli stessi anni.
Le prime sono delle gallerie coperte di lecci intervallati da arbusti sempreverdi e odorosi (allori, viburni e phillyree) che rendono la passeggiata nei periodi estivi molto più fresca e piacevole.
Le ragnaie sono delle separazioni di sempreverdi, ma sterili, che venivano utilizzate per tendervi le reti e catturare gli uccelli.
Le ragnaie conducevano ai tre labirinti che c’erano nel giardino di Boboli. Oggi ne resta solo uno.
Statue classicheggianti lasciano il posto a statue settecentesche di giocatori, secondo un uso di moda all’epoca di rappresentare temi popolari e rustici.
Dopo aver incrociato il viale dei Platani, arriviamo in uno dei punti più suggestivi del giardino.
Una rosa dei venti ci introduce in uno spazio sorprendente, incluso tra alte mura di lecci, sorvegliato da una coppia di mastini e circondato da statue di vario tipo.
L’Isolotto
Ideato nel 1618 da Alfonso e Giulio Parigi, questo luogo richiama – immediatamente – alla nostra memoria il teatro marittimo di villa Adriana, dove l’imperatore usava ritirarsi “lontano” dal mondo per riflettere meditare e creare (qui trovi la nostra passeggiata a Tivoli).
Che l’Isolotto sia stato progettato per l’otium è confermato dal nome con cui viene indicato per tutto il XVII secolo: isola delle delizie.
Il progetto iniziale però prevedeva un’isola di Venere con la dea accompagnata da Amorini (che oggi possiamo ammirare nella fontana del Carciofo).
Avrebbe sorpreso i visitatori con coralli, prati fioriti, giochi d’acqua ed il cinguettio degli uccellini in rame azionato da meccanismi idraulici.
Il progetto originario non viene portato a termine, probabilmente per la morte di Cosimo II. Ecco quindi che al centro di questo spazio, nel 1637, è collocata la fontana dell’Oceano. Vi si accede attraverso due passerelle sorvegliate da alti cancelli e capricorni.
È una delle meravigliose opere scultoree che il Giambologna (1575) realizza per Cosimo I e che, in origine, si trovava al centro dell’Anfiteatro.
Su di un basamento decorato da bassorilievi raffiguranti il Ratto d’Europa, il Trionfo di Nettuno ed il Bagno di Diana, si innalza la grande vasca in granito dell’isola d’Elba.
Al centro, un gruppo di sculture raffiguranti i tre fiumi più importanti dell’epoca – Gange, Nilo ed Eufrate – sormontati da Nettuno, il dio dei mari, la scultura marmorea più grande mai realizzata da Giambologna (l’originale oggi si trova al Museo del Bargello).
Completano l’apparato scultoreo della vasca Andromeda e Perseo a cavallo di Giovan Battista Pieratti (primi anni ’30 del Seicento). Queste emergono in maniera suggestiva dalle acque che circondano l’Isolotto, ma sono in restauro presso l’Opificio delle pietre dure, così come l’Amorino che sorride.
Prato delle Colonne
Proseguiamo la nostra passeggiata e ci ritroviamo nel prato delle Colonne. Prende il nome dalle due grandi colonne in granito rosso che si trovano ai due fuochi dell’ellisse disegnata dalle alte siepi di bosso.
Qui trovano posto anche quattro antichi busti colossali, anche se la nostra attenzione è catturata dalla statua di Vulcano di Chiarissimo Fancelli, chiamato ad operare più volte a corte da Cosimo II.
Da qui, proseguendo lungo il sentiero principale, risaliamo verso l’Anfiteatro ed incontriamo subito la Limonaia.
Limonaia
La struttura risale agli interventi voluti da Pietro Leopoldo di Lorena.
Il Granduca commissiona, nel 1778, a Zanobi del Rosso la ristrutturazione del Serraglio degli Animali dell’epoca di Cosimo III. Qui erano curati gli animali per la cucina e la caccia, ma anche esotici ricevuti in dono da sovrani o acquistati dai Medici.
Proprio alla famiglia Medici si deve la diffusione degli agrumi in Toscana che, però, necessitano nel periodo invernale, di essere ricoverati al riparo dalle fredde temperature.
Per questo motivo erano coltivati in grandi vasi che, all’inizio della stagione fredda, venivano spostati dal giardino dell’Isola all’interno di strutture.
La collezione di agrumi dei Medici, iniziata tra 1554 e 1568, raggiunge la massima espansione sotto Cosimo III.
All’epoca dei Lorena, la precedente struttura – lo Stanzonaccio nel giardino della Lavacapo – era diventata troppo piccola e disagevole allo spostamento.
Ecco il perché della ristrutturazione dell’antico Serraglio a Limonaia dove ancora oggi, tra le eleganti linee rococcò pensate da Zanobi, trovano riparo gli agrumi, tra i quali ci sono ancora varietà dell’epoca medicea.
Giardino della Botanica Superiore (o degli Ananassi)
Proseguendo, sul lato destro si trova Il giardino della Botanica Superiore conosciuto anche come Aquarium del Parlatore (dal nome del botanico ottocentesco). In passato era indicato come giardino degli ananassi perché vi si coltivavano piante esotiche come il caffè e l’ananas appunto. (Attenzione! Il giardino ha degli orari di apertura specifici!)
Sul lato sinistro, ingannati dal cartello uscita, ci siamo persi la grotta di Annalena, conosciuta anche come grotta di Adamo ed Eva con le sculture di Michelangelo Naccherino nel 1616 ca.
Poco più avanti, sul lato destro del viale, troviamo il prato del Pegaso.
Prato del Pegaso e fontana del Carciofo
La scultura, opera di Aristodemo Costoli (1865), trova collocazione scenografica in questo punto del giardino di Boboli al posto di una statua di Giunone. Il cavallo alato nel 1975 è inserito al centro del gonfalone toscano divenendo il simbolo della Regione Toscana.
Completa quest’angolo del giardino la grande vasca marmorea in granito grigio.
Siamo tornati al nostro punto di partenza, l’Anfiteatro, e ci soffermiamo ad ammirare la fontana del Carciofo.
Non si sa bene a cosa debba il suo nome, qualcuno ipotizza derivi dalle forme delle valve delle conchiglie che richiamano le foglie di questa verdura.
La fontana, realizzata da Francesco del Tadda e Francesco Susini nel 1639, due anni dopo va a sostituire la fontana di Giunone dell’Ammannati (di cui restano solo alcuni frammenti conservati al Bargello).
In questa nuova, come si è detto già, trovano posto gli Amorini dell’Isolotto di Venere.
Ci siamo lasciati alcuni dei pezzi forti per la fine della nostra passeggiata.
Dirigendoci verso l’uscita, incontriamo di fronte a noi l’orto di Giove dove, sotto lo sguardo austero della statua del dio realizzata da Baccio Bandinelli nel 1556, fioriscono le rose.
Voltiamo a destra e raggiungiamo la Grotticina di Madama.
Grotticina di Madama
È stata la prima grotta artificiale costruita per il giardino di Boboli.
L’idea è di Eleonora di Toledo e la realizzazione di Davide Fortini, il genero di Tribolo. Prende il nome di Madama perché era il titolo che spettava alle Granduchesse.
Sulla facciata ancora campeggia il suo stemma. Ma a sancirne l’uso continuo da parte delle nobildonne di corte, compare anche lo stemma di Giovanna d’Austria, moglie di Francesco I.
Si presenta al nostro sguardo una facciata in finta roccia naturale in cui si apre la porta di accesso.
All’interno continua il rivestimento in finta roccia con l’inserimento di elementi architettonici come nella splendida volta del 1556 del Bachiacca ove rocce spugnose si alternano a lacunari dipinti a grottesche e scene mitologiche.
Sulla parete di fondo, una grande vasca ovale con zampe leonine dietro le quali si apre una grande nicchia con finte stalattiti.
Al centro la statua di Capra di Baccio Bandinelli, affiancata da altre due e sormontata da una testa di montone di mano di Giovanni di Paolo Fancelli. Solo i due putti con delfini sono stati aggiunti successivamente.
Dalle bocche degli animali fuoriusciva l’acqua che si raccoglieva nella vasca.
Giardino di Boboli – Grotta del Buontalenti
Abbiamo lasciato per ultimo questa meraviglia, una delle più alte espressioni del Manierismo.
La grotta era stata progettata in prima battuta nel 1557 come vivaio.
Nel 1551 Cosimo I aveva realizzato l’acquedotto che attraverso il giardino di Boboli portava l’acqua dalla Sorgente della Ginevra a Palazzo Vecchio.
Il vivaio era progettato come punto di riserva idrica per i periodi in cui l’afflusso era più scarso. Davide Fortini si occupa della progettazione, mentre Giorgio Vasari realizza la facciata.
Dobbiamo a Francesco I la sua trasformazione in un luogo immaginifico. Il progetto è affidato al Buontalenti che vi lavora tra il 1583 ed il 1587.
Facciata
La facciata di Vasari si presenta con un doppio ordine.
Nella parte inferiore, l’accesso alla grotta ha un ingresso con due colonne in pietra rossa. Nelle nicchie laterali si trovano due sculture di Baccio Bandinelli: a sinistra l’Apollo pitico, mentre a destra Cerere.
Realizzate in collaborazione con Fancelli nel decennio 1548/58, probabilmente sono state riadattate per questa collocazione. Cerere sicuramente era stata proposta come Eva per il gruppo dei Progenitori per il coro di Santa Maria del Fiore, ma rifiutata perché il blocco marmoreo si era dimostrato difettoso.
L’Apollo riprende apertamente la postura del David di Michelangelo di piazza della Signoria. Anche lui è ritratto alla fine di uno scontro, quello contro il drago-serpente Pitone, custode dell’Oracolo di Delfi.
La parte superiore della facciata è un omaggio alla famiglia Medici con gli attributi del capricorno e del Festina lente.
Il primo è il segno zodiacale che Francesco I considerava il suo: non quello del mese di nascita, ma quello del mese in cui era salito al potere.
Il Festina lente ovvero la tartaruga raffigurata con una vela era l’emblema della flotta di Cosimo I, divenuto poi un motto mediceo.
Un ossimoro attribuito all’imperatore Augusto che unisce due concetti antitetici per indicare un modo di agire con cautela, ma senza indugi.
Al centro, in un tripudio di rocce spugnose e mosaici di sassi, lo stemma Medici affiancato dalle due figure della Giustizia e Pace, due capisaldi del granducato toscano.
Interno
L’interno si articola in tre ambienti, ma noi ne possiamo sbirciare due perché l’ingresso alla grotta è chiuso da una cancellata. Eppure basta per lasciarci a bocca aperta.
La prima stanza è una fusione di architettura, pittura e scultura. Le pareti interne prendono vita con elementi vegetali, umani e animali realizzati in roccia spugnosa dallo stuccatore Pietro Mati.
La raffigurazione continua negli affreschi di Bernardino Poccetti che si allungano verso la cupola in cui si apre un oculo che inonda lo spazio di luce naturale.
Ai quattro angoli erano i Prigioni di Michelangelo (oggi sostituiti da copie), mentre al centro una fontana con una roccia che trasudava acqua.
Da dove siamo possiamo intravedere il gruppo scultoreo protagonista della seconda stanza: Paride che rapisce Elena di Vincenzo de’ Rossi (1560). Tutt’intorno ancora concrezioni a simulare la roccia e pareti affrescate, tra cui una Giunone ed una Minerva, entro due nicchie laterali.
Infine la terza stanza (che però non vediamo). Ad onor di cronaca sappiate che la volta è tutta affrescata a simulare un pergolato, mentre alle pareti vi sono i Monti di cristallo ovvero nicchie decorate a conchiglie, madreperla e stalattiti realizzate da Battista del Tadda su cui scorreva l’acqua. Al centro la fontana di Venere di Giambologna del 1573.
I quattro satiri che si arrampicano agli angoli della vasca sono stati aggiunti proprio da Battista del Tadda nel 1592/93.
Giardino di Boboli – Percorso alchemico
Una riflessione a margine riguarda il giardino di Boboli quale percorso alchemico, un cammino catartico che l’iniziato percorre dentro di sé per ritrovare il contatto con il divino.
Così come avviene nel Sacro Bosco di Bomarzo (qui trovi la nostra passeggiata).
Una lettura in tale chiave del giardino di Boboli riprende l’idea neoplatonica della Natura quale mezzo di accesso ai gradini più alti della conoscenza. E la corte di Lorenzo il Magnifico era stata la culla del Naoplatonismo.
C’è sicuramente un trait d’union tra la cultura che permeava gli ambienti quattrocenteschi ed i successivi interessi che Cosimo I, la stessa Eleonora da Toledo e ancora Francesco I dimostrano per l’alchimia.
E non ci sembra fuor di verità che li abbiano trasferiti nel progetto del giardino di Boboli.
Diversi elementi sono stati identificati a sostegno di questa tesi.
Il giardino è circondato da mura come un hortus conclusus, metafora medievale del giardino dell’Eden.
Luogo dove il Grande Maestro della Creazione ha dipanato tutta la sua conoscenza, in cui l’uomo può penetrare gli angoli più reconditi della propria coscienza alla riscoperta della propria natura divina.
Così come sostiene Paracelso nel Cinquecento “[…]la Natura è un libro che occorre imparare a leggere per conoscere noi stessi”.
La piantina mette in luce una forma triangolare con una croce latina formata dall’asse principale N-S, progettato da Tribolo per Cosimo ed Eleonora, che incrocia quello E-O creato da Parisi per l’ampliamento voluto da Cosimo II.
Se vogliamo applicare questa lettura, all’interno del giardino di Boboli ci sarebbero una Via Maestra, una Secondaria e tante vie fuorvianti. Sta all’iniziato decidere quale percorrere.
Ne vediamo alcune a seguire, ma chi è interessato ad approfondire questo aspetto sappia che ci sono visite guidate specifiche.
Via Maestra
La Via Maestra è identificabile con l’asse principale, progettato da Tribolo. Si parte dall’Anfiteatro il cui spazio allegoricamente rappresenta la lotta interiore da affrontare prima di sostenere la salita.
Le edicole che circondano il luogo ne denotano la sacralità, mentre le statue rappresentano le virtù che l’iniziato deve acquisire in questa fase.
Superata la prova, l’iniziato procede verso l’Abbondanza ed ancora più su verso il giardino del Cavaliere alla conquista delle virtù che un vero uomo deve possedere.
Via Secondaria
Si dipana lungo l’asse E-O dal prato dell’Uccellare dove la colonna spezzata è simbolo alchemico che indica un punto di passaggio, varco nel tramite tra terra e cielo.
Il Viottolone è il percorso da affrontare per acquisire le virtù rappresentate dalle coppie di statue che accompagnano il cammino.
Si giunge quindi all’Isolotto. Un accesso ed una uscita, allineati secondo i punti degli equinozi.
Il cancello da oltrepassare è sorvegliato dalle arpie, l’ultima prova da affrontare per accedere al luogo sacro dove si manifesta la presenza del Divino.
La Via si conclude nel prato delle Colonne, il tempio sacro dove l’iniziato ha finalmente raggiunto lo stato di perfezione spirituale.
Grotta del Buontalenti
E poi c’è la Grotta del Buontalenti, anch’essa percorso catartico, di cui è noto l’impiego – in passato – per le cerimonie iniziatiche.
Un percorso di morte e rinascita, attraverso i diversi tipi di amore, per riemergere dal caos all’armonia della luce divina, alla verità suprema.
La prima stanza è l’apoteosi del caos, della metamorfosi. È il luogo dove si manifestano i 4 elementi: acqua, aria, terra e fuoco.
I Prigioni simboleggiano l’anima ingabbiata nel corpo.
Nel secondo ambiente i quattro si compongono nella forza creatrice dell’amore sensuale raffigurato da Elena e Paride.
La terza stanza – di forma ovale – ci ammette alla visione dell’armonia ricongiunta nella figura di Venere: simbolo di luce, acqua ed amore universale.
Il giardino di Boboli ci ha riservato alcune ore di sorprendente scoperta durante le quali ci siamo goduti la tranquillità e la bellezza dell’incontro con la natura.
Il suo incanto sta nel fatto che, oltre ad essere un meraviglioso parco con esemplari secolari e specie rare, è anche un museo a cielo aperto con la sua ricca collezione che spazia dalla statuaria antica ad esemplari contemporanei.
Il suo ricco patrimonio artistico tocca vette spettacolari nella Grotta del Buontalenti e nel complesso dell’Isolotto.
Un’esperienza che difficilmente si può dimenticare.
Giardino di Boboli – I sapori nei dintorni
Il giardino di Boboli fa parte della nostra passeggiata di un giorno a Firenze.
Nell’articolo trovi anche le indicazioni sulle nostre tappe gastronomiche.
Giardino di Boboli – Info utili
Ecco quanto ti serve per programmare la tua passeggiata nel giardino di Boboli. Desideri saperne più? Commenta qui sotto o contattaci sui social! Apri la mappa qui sotto e ottieni il percorso.
Il giardino di Boboli fa parte del circuito museale delle Gallerie degli Uffizi. Aperto: tutti i giorni con chiusure programmate il primo e ultimo lunedì del mese (consulta qui i giorni di chiusura). Orario: dalle 8:15. L’orario di chiusura varia in base alla stagione. Gennaio, febbraio, novembre, dicembre alle 16:30. Ottobre e marzo (ora solare) alle 17:30. Ottobre e marzo (con ora legale), aprile maggio e settembre alle 18:30. Giugno luglio ed agosto alle 19.
Ultimo accesso: un’ora prima dell’orario di chiusura.
Orario del giardino della Botanica Superiore. Novembre, dicembre, gennaio, febbraio dalle 10 alle 13 e dalle14alle16. Marzo dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle17. Aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre ed ottobre dalle 9 alle13 e dalle 14 alle 18.
Biglietto. Solo giardino: intero € 6, ridotto € 2 (cittadini UE 18-24 anni), gratuito vd. le categorie. Il biglietto è valido anche per la visita del giardino di villa Bardini.
Disponibile un passepartout valido 5 giorni (consecutivi) che comprende ingresso al giardino di Boboli, Uffizi e palazzo Pitti. Costo € 18 (da novembre a febbraio), € 38 (da marzo ad ottobre). Il passepartout prevede la prenotazione obbligatoria solo per gli Uffizi.
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