Firenze la Nobile, la Bella, la culla del Rinascimento.
È difficile resistere al suo fascino fatto di capolavori e pietre miliari della storia dell’arte. Ma è difficile anche decidere come impiegare il proprio tempo.
Firenze è una delle città più turistiche che ci siano, in qualsiasi stagione. La maggior parte dei luoghi da vedere prevede un biglietto. L’emergenza covid-19 in questo in parte aiuta, dal momento che oggi gran parte di questi posti prevede la prenotazione.
Ma se, ad esempio, si pensa di visitare il Duomo, aspettiamoci di dover fare una fila, il più delle volte lunga.
Se ci si organizza per tempo, è un conto. Si sceglie cosa visitare e si prenota l’ingresso. Se siete in città come noi, con un preavviso minimo e solo per una giornata, è tutta un’altra storia.
Anche questa volta abbiamo sacrificato la visita agli Uffizi. È un patrimonio troppo ricco per dedicargli un passaggio di un paio d’ore.
“Se sai dove guardare, Firenze è il paradiso” ci ha tenuto a scrivere Dan Brown nel terzo libro della sua trilogia. Ma in realtà lo è anche se non lo sai.
Eravamo partiti da Roma con l’idea di vedere due luoghi a Firenze. Poi, per caso e per curiosità, se ne sono aggiunti via via lungo le strade che percorrevamo.
Ne è nato un itinerario meno convenzionale, ricco di panorami eccezionali, di verde e di capolavori meno conosciuti, ma sempre eccezionali.
Una passeggiata che tocca anche rioni meno battuti dai turisti, dove si percepisce ancora lo spirito più autentico della città.
Itinerario
La prima meta che ci eravamo prefissata, scendendo dal treno alle 8 del mattino era la Basilica di San Miniato al Monte. Un po’ perché è uno dei miei posti preferiti a Firenze, un po’ perché a quell’ora gran parte dei luoghi da visitare è ancora chiuso.
Il meteo di Firenze non era assolutamente dalla nostra parte. Cielo grigio e minaccioso ci ha accolto ed accompagnato quasi tutto il giorno. Ma in fin dei conti, un tipico clima autunnale è l’ideale per raggiungere il monte di San Miniato.
In piena estate non lo avrei considerato.
Lungo la via per raggiungere il ponte ed attraversare l’Arno, si trova una chiesa dove entrare assolutamente.
Firenze – Basilica di Santa Trinita
A differenza di altri edifici sacri, Santa Trinita è a ingresso libero. L’unica accortezza è quella di munirsi almeno di 2 monete da 50 centesimi per illuminare due capolavori assoluti del Quattrocento che vi sono conservati.
Edificata in forme romaniche sulla preesistente Santa Maria dello Spasimo, è ampliata a partire dal 1250. L’interno conserva ancora oggi il suo carattere gotico, mentre la facciata risale alla fine del Cinquecento, ricostruita su progetto di Buontalenti.
Il primo elemento che attrae la nostra attenzione, entrando, è il Trittico di Mariotto di Nardo (1416) proveniente dalla Galleria dell’Accademia, sull’altare maggiore.
Ma il vero tesoro della basilica si trova, in primis, nella navata destra.
Soffermatevi un attimo sulla cappella Cialli-Sernigi, dove campeggia sull’altare la pala gotica con Madonna in trono con Bambino e quattro santi (1466 ca.) di Neri di Bicci e dove sono ancora visibili resti della trecentesca decorazione ad affresco di Spinello Aretino con il Matrimonio mistico di Caterina d’Alessandria.
Godetevi quindi la Cappella Bartolini-Salimbeni che conserva gli affreschi con Storie della Vergine (1420-25) e la meravigliosa pala dell’Annunciazione (1420-24) entrambe di Lorenzo Monaco.
L’Annunciazione è una di quelle opere chiave che segnano un momento di passaggio nella storia dell’arte.
È solitamente indicata come la prima pala rinascimentale, superamento del polittico medievale.
Nel lato destro del transetto, la cappella Sassetti con il ciclo di Storie di San Francesco (1483-86) e la pala d’altare con l’Adorazione dei pastori (1485 ca.) del Ghirlandaio. Uno degli apici della pittura fiorentina dei Quattrocento.
Nella navata sinistra non perdete la statua lignea della Maddalena (1450 ca.) di Desiderio da Settignano.
Attraversando il fiume all’altezza di ponte Santa Trinita, ci troviamo Oltrarno.
Oltrarno
Mentre il nucleo originario di Firenze risale al I a.C. in corrispondenza dell’odierna piazza della Repubblica, questa parte della città si sviluppa a partire dal IV secolo, quando viene fondata la chiesa di Santa Felicita (entrate per ammirare soprattutto le opere di Pontormo!).
Nonostante il magnetico polo d’attrazione turistico che è palazzo Pitti, passeggiando per i suoi rioni ancora si respira un’atmosfera più autentica, in alcuni angoli veramente local.
Tra torri medievali e facciate decorate dei palazzi si cammina con il naso all’insù sugli stretti marciapiedi, tra i lavori della vita cittadina.
In Borgo San Jacopo ci fermiamo ad ammirare le torri.
In epoca medievale erano il simbolo della potenza delle famiglie. Per questo ve n’erano tante e si rivaleggiava a superarsi in altezza.
Poi, nel XIII secolo, nel periodo del Comune di Firenze, le torri vengono mozzate.
Nella Nuova Cronica, Giovanni Villani – cronista e storico – scrive che nel 1251 tutte le torri alte 120 braccia (ovvero 70 metri) dovevano essere abbassate a 50 (ovvero 29 metri).
Le pietre risultanti dai lavori di abbassamento delle torri sono riutilizzate per la costruzione delle mura cittadine. Non sono molte quelle ancora individuabili, la maggior parte sono state inglobate nei nuovi palazzi che le facoltose famiglie costruiscono a partire dal XIV secolo.
Madonna del puzzo
Lì dove ancora si può ammirare la Torre dei Marsili, all’angolo fra Borgo San Jacopo e via della Toscanella c’è una curiosa scultura.
L’avevamo scambiata per una delle tante edicole votive che puntellano strade e vicoli delle nostre città. Ma mai avevamo visto una Madonna che si tappa il naso!
È la Madonna del puzzo, una terracotta di Mario Mariotti. L’artista la realizza nel 1984 quando un po’ tutta la zona subiva era ammorbata dall’olezzo dei cassonetti dell’immondizia.
Proseguiamo attraversando San Niccolò dove si incontrano botteghe di antichità ed artigiani, maestri profumieri e maestri orafi ammantati di misticismo fino a raggiungere porta San Miniato, dove si inizia a salire.
Lungo la strada per raggiungere la Basilica di San Miniato, facciamo una piccola pausa – serve, vi assicuro.
Firenze – Giardino delle Rose
Iniziamo con i bellissimi panorami di Firenze che non conoscevamo.
Tutti siamo andati, almeno una volta a piazzale Michelangelo a vedere Firenze dall’alto. È il punto più famoso.
Ce ne sono altri che aggiungono una cornice particolare e rendono il panorama ancora più suggestivo. Uno è quello che si gode dal Giardino delle Rose.
Creato nel 1865 dallo stesso architetto di piazzale Michelangelo, Giuseppe Poggi. All’epoca il Comune di Firenze aveva avviato una serie di lavori urbanistici in vista del passaggio della capitale d’Italia da Torino a Firenze.
Poggi crea uno spazio verde, ispirato al giardino alla francese – che presuppone sempre un paesaggio a fare da sfondo. Nel giardino trovano casa oltre 400 varietà di rose ed una collezione di oltre 1200 piante.
Negli ultimi anni, si è arricchito di un’oasi Shorai, un giardino giapponese donato dall’architetto Yasuo Kitayama insieme alla città di Kyoto, con cui Firenze è gemellata.
E di una collezione di arte contemporanea. La vedova di Jean Michel Folon, facendo seguito alle volontà del marito, ha donato al Comune di Firenze 10 sculture in bronzo e 2 gessi, quale collezione permanente del giardino.
Il Giardino delle Rose è uno spazio bellissimo, un’oasi di tranquillità da cui guardare la città immersi nei rumori e colori della natura.
Firenze – Basilica di San Miniato al Monte
È uno degli edifici sacri che amo di più in Italia, San Miniato al Monte. Solitaria austera ed imponente, se ne sta quassù come se sorvegliasse, da secoli, Firenze.
Dall’alto si gode una vista spettacolare sulla città tanto che, da diverso tempo, la sua scalinata è diventata uno dei punti preferiti da giovani e turisti per assaporare un suggestivo tramonto fiorentino.
Sulla soglia di uno dei portali d’ingresso è incisa la frase “haec est porta coeli” (questa è la porta del Paradiso).
Tanto ci basti per comprenderne il grande valore religioso.
Storia
La basilica e l’annesso convento sorgono nel punto in cui si diresse San Miniato, subito dopo il suo martirio.
Il santo altro non era che un soldato o un mercante armeno, in pellegrinaggio a Roma dopo la sua conversione. Giunto a Firenze, si era ritirato a vita eremita, quando erano sopraggiunte le persecuzioni di Decio.
Decapitato sui margini dell’Arno – narra la leggenda agiografica – che il suo corpo, portando la testa in braccio, si diresse sul monte per indicare dove seppellirlo e spirare. Qui venne poi edificata una cappella in suo onore.
Una prima basilica, probabilmente paleocristiana, risulta come beneficiaria di diverse donazioni di imperatori. La più antica risale a Carlo Magno e attesta l’importanza che questo centro di culto ha fin dalle origini.
Il suo aspetto attuale è ancora oggi il risultato dei lavori avviati dal vescovo Ildebrando a partire dal 1018.
Basilica e convento annesso sono retti inizialmente dall’ordine benedettino a cui subentra, nel 1373, l’ordine dei monaci di Monte Oliveto. Mentre la manutenzione e la promozione di nuove opere per arricchire l’apparato decorativo della chiesa o il restauro di parti esistenti spetta all’Arte di Calimala, la corporazione di mercanti di tessuti.
L’assedio a Firenze di Carlo V, nel 1529-30, determinerà le sorti del complesso nei decenni a venire.
In quell’occasione, Michelangelo si occupa della fortificazione della città, compresa la struttura sacra. Il campanile, in quell’occasione, diventa un magazzino per l’artiglieria. La capitolazione delle istanze repubblicane ed il ritorno dei Medici al potere si traducono in un periodo di declino. Lo stesso avviene nell’abbazia, dove il numero dei monaci decresce fino al totale abbandono nel 1553.
Da allora l’abbazia viene utilizzata in vario modo, addirittura come lazzaretto. Ma nel 1924 l’ordine di Monte Oliveto rientra a San Miniato e la regge e la cura ancora oggi.
Facciata
La facciata di San Miniato al Monte è uno degli esempi più belli di romanico fiorentino, con la superficie scandita dalla rigorosa geometria creata dal serpentino verde di Prato.
Nella parte inferiore, abbiamo 5 portali, di cui due finti che ingannano il visitatore sulla reale suddivisione interna a 3 navate.
Nella parte superiore, la superficie bicroma e liscia del marmo è interrotta dal mosaico a fondo oro con Cristo in trono tra la Vergine e San Miniato. Risale al 1260 ed il suo autore è lo stesso del grande mosaico absidale interno, ma di cui non sappiamo il nome.
Il timpano che chiude la facciata è sormontato dall’aquila bronzea, simbolo dell’Arte di Calimala.
La facciata vive di una composizione elegante ed equilibrata con forti richiami classici, come gli archi che incorniciano gli ingressi o le linee diagonali incrociate, ripresa del romano opus reticulatum.
Interno
L’interno di San Miniato è decisamente fuori dal comune.
L’ambiente suddiviso in tre navate, termina con un presbiterio molto rialzato a cui si accede attraverso due rampe di scale collocate nelle navate laterali.
Qui, protetta da plutei riccamente lavorati, si apre la spettacolare abside illuminata dal grande mosaico a fondo dorato con il Redentore tra la Madonna e San Miniato (1297).
Una volta sul presbiterio, si può cogliere a pieno la bellezza dell’apparato decorativo della chiesa.
Tutte le pareti, gli archi e gli arconi sono rivestiti a tarsie marmoree che disegnano una trama geometrica così come in facciata.
Meraviglioso il pavimento datato 1207 che, nella parte centrale, si trasforma in vero e proprio tappeto marmoreo caratterizzato da una lavorazione finissima ad arabeschi.
Nel terzo riquadro a partire dal fondo vi è raffigurato lo zodiaco. Bellissimo dal punto di vista artistico per tutte le figure che lo animano, solo negli ultimi anni si è riscoperta la sua funzione di meridiana solstiziale.
Ovvero nel giorno del solstizio d’estate quando scatta il mezzogiorno solare, da una delle finestre penetra un raggio che illumina il segno del cancro.
Ve ne è una molto simile all’interno del Battistero di San Giovanni.
Il ciborio di Michelozzo
Il vero protagonista della navata centrale è il ciborio.
Piero de’Medici lo commissiona per l’Arte di Calimala al suo architetto di corte, Michelozzo nel 1447. Doveva custodire il Crocifisso miracoloso di Gualberto.
Secondo i racconti tramandati, Giovanni di Gualberto – un nobile vissuto intorno all’anno Mille – si doveva presentare subito fuori porta San Miniato per vendicare l’uccisione del fratello Ugo.
Una volta di fronte al suo aguzzino che, in ginocchio, implorava perdono, il nobiluomo glielo concesse, dirigendosi subito dopo a San Miniato per pregare. Il crocifisso sotto il quale era raccolto in preghiera, avrebbe piegato il capo in un cenno di assenso all’atto di perdono compiuto.
Il Crocifisso miracoloso di Gualberto oggi si trova a Santa Trinita, dove è stato trasferito nel corso del Seicento.
Mentre in San Miniato è rimasto lo spettacolare polittico di Agnolo Gaddi (1394-96 ca.) in cui sono raffigurate Storie della Passione di Cristo tra San Miniato e San Gualberto.
Nel ciborio sono da notare anche la volta a botte in terracotta invetriata di Luca della Robbia e le due aquile di bronzo che sormontano il tempietto, simbolo dell’Arte di Calimala e opera di Maso di Bartolomeo.
Cripta
La mattina della nostra visita ci è stato impossibile accedervi, ma l’abbiamo sbirciata da ogni angolatura possibile.
Identificata come la parte più antica dell’edificio, conserva le reliquie di San Miniato.
Alla cripta si accede attraverso 5 archi e 3 scalinate in corrispondenza delle 3 navate, scendendo 7 gradini. All’interno un piccolo bosco di 38 colonnine sorreggono volte a crociera in un gioco di ripetizione ritmica che sembra moltiplicare lo spazio.
Su alcune volte è ancora visibile la decorazione ad affresco di Taddeo Gaddi del 1341, così come su alcune colonnine si intravede la doratura che aveva operato.
Tanti elementi in San Miniato parlano di esoterismo.
Ma forse è più corretto parlare di simbolismo che il cristianesimo da sempre porta con sé. Sette gradini portano il credente dalla cripta alla navata. 7 come il numero dei giorni necessari alla Creazione e che portano l’uomo nello spazio-tempo ovvero alla vita.
Sedici gradini portano dalla navata al presbiterio. 16, il doppio di 8, il numero-simbolo dell’infinito. L’uomo viene elevato all’eternità, al cospetto del Redentore (il mosaico dell’abside).
Secondo questa lettura, quindi, in San Miniato sarebbe presente un percorso catartico di redenzione.
Cappella del cardinale del Portogallo
È l’unica cappella laterale presente nella basilica. Non sempre si riesce ad accedere per vederla nel suo splendore completo. Costruita su progetto di Antonio e Benedetto Rossellino tra il 1459 ed il 1466, accoglie nel lato destro il sepolcro del cardinale.
Sull’altare la bella pala di Piero e Antonio Pollaiolo con San Giacomo fra i Santi Vincenzo ed Eustachio (1466-67). L’originale oggi è agli Uffizi.
Firenze – Giardino Bardini
Dopo San Miniato, l’altro posto che avrei voluto vedere, tornando a Firenze, era il Giardino di Boboli.
Dal momento che il biglietto d’ingresso comprende anche la visita al Giardino di Villa Bardini ed è proprio su via de’ Bardi, non ce lo facciamo ripetere due volte.
Storia
Qui Oltrarno, la potente famiglia dei Mozzi aveva già nel Medioevo, una proprietà molto ampia che si estendeva sulla collina di Montecuccoli. All’inizio del Trecento, la famiglia perde i suoi possedimenti che vengono inglobati dal Comune di Firenze.
Tornano nelle sue mani nel 1591 per restarvi fino al 1880.
Adiacente alla loro proprietà vi era quella di Giovan Francesco Manadori che, intorno al 1641, commissiona all’architetto Gherardo Silvani una villa ispirata ai casini di delizia con un bellissimo affaccio sulla città: villa Manadora.
All’inizio dell’Ottocento la acquista Giacomo Le Blanc a cui si deve la creazione del giardino anglo-cinese e la costruzione della Kaffehaus.
È il 1839 quando i Mozzi fondono le due proprietà nelle loro mani finché, a causa delle difficoltà economiche della famiglia, l’intero complesso non viene espropriato per le condizioni di abbandono in cui versa.
Dal 1880 al 1913 ne sono proprietari i principi Carolath von Beuthen che la venderanno al grande collezionista e mercante d’arte Stefano Bardini. Suo figlio Ugo, senza eredi, agli inizi del 2000 lascia la villa all’Ente Cassa di Risparmio di Firenze che, attraverso la Fondazione Parchi Monumentali Bardini Peyron, ne gestisce la conservazione e la fruizione.
Giardino Bardini
È un piccolo gioiello visitato in autunno, pensate che meraviglia dev’essere da marzo in poi!
Un giardino monumentale che nasce dalla fusione armonica di tre giardini e che ci restituiscono un’oasi di incanto e bellezza.
È composta dal giardino seicentesco, scenografico, il giardino anglo-cinese immerso nel bosco all’inglese, romantico, ed il parco agricolo con i suoi alberi da frutto.
La prima parte del percorso è in salita, ma che bellezza la vista che si ha man mano che si va verso il Belvedere!
La scalinata è di una suggestione scenografica tale che Dolce&Gabbana a settembre 2020 l’hanno utilizzata come sfondo fatato per la loro sfilata di alta moda.
Tra marzo ed aprile una delle attrazioni principali del giardino è il maestoso pergolato di glicine, ispirato ai camminamenti coperti del Rinascimento.
Firenze – Giardino di Boboli
Prima di iniziare, il consiglio spassionato è di cercare di munirsi di una mappa cartacea. Il QRcode sui cartelli sparsi all’interno del giardino non è proprio funzionale.
Poi godetevi uno dei giardini capolavoro più belli che la mente dell’uomo sia riuscito a creare.
Il polmone verde di Firenze, quattro ettari e mezzo in cui si fondono arte e natura, botanica e architettura, scenografia e alchimia. Uno dei più begli esempi in assoluto di giardino all’italiana.
Il Giardino di Boboli è un universo di bellezza e conoscenza tale che abbiamo deciso di raccontarlo in un articolo a parte.
Nel cuore di Firenze
Tornando sui nostri passi ci immergiamo nel cuore di Firenze attraversando, ovviamente, Ponte Vecchio.
Ponte Vecchio
Uno dei luoghi simbolo di Firenze, fino a metà del Cinquecento era tutt’altro che fascinoso come appare oggi con tutte le sue vetrine dove splendono le luccicanti creazioni dell’arte orafa fiorentina.
Qui, nel 1442, erano state spostate le botteghe di macellai e verdurai, sicché potessero conferire direttamente nel fiume gli scarti, allontanando dal centro i forti odori che producevano.
Quando, nel 1565, Vasari costruisce il celebre corridoio in modo che Cosimo I possa raggiungere indisturbato palazzo Pitti da palazzo Vecchio, il granduca poco gradisce il forte olezzo prodotto dalle botteghe sottostanti.
È così che i macellai sono banditi da Ponte Vecchio per essere sostituiti dagli orafi.
Ci fermiamo davanti al busto di Benvenuto Cellini, il grande virtuoso – genio e sregolatezza – che riusciva a plasmare oro e argento con una maestria tale da elevare l’oreficeria a vera a propria arte.
L’Albero della pace
Percorriamo il lungarno degli Archibusieri per passare da via dei Georgofili e fermarci ad ammirare l’Albero della pace, una scultura del maestro Andrea Roggi, inaugurata il 13 settembre 2021 per ricordare l’autobomba esplosa nella notte tra il 26 ed il 27 maggio 1993 in cui persero la vita 5 persone e una quarantina risultarono ferite.
Piazza della Signoria
Infine arriviamo nel cuore pulsante di Firenze, una delle piazze più conosciute del mondo e galleria a cielo aperto.
Anche se non avete tempo, affacciatevi almeno un attimo nel cortile di Palazzo Vecchio a vedere la meravigliosa decorazione con le volte a grottesche e le colonne arricchite da stucchi.
L’Importuno di Michelangelo
A destra del portone principale si trova L’Importuno.
Di che si tratta?
Secondo una leggenda popolare, il grande Michelangelo tutti i giorni percorreva via Ninna, la strada che collega gli Uffizi a piazza della Signoria. Ed ogni giorno incappava sempre nella stessa persona, un suo debitore, che lo ammorbava di chiacchiere e lamentele sulla sua condizione economica.
Giorno dopo giorno la scena si ripeteva identica, fino a quando il Maestro, che girava con gli attrezzi del mestiere al seguito, mentre il tizio lo scocciava con la solita nenia, impresse – addirittura dicono stando di spalle – questo profilo sul bugnato del palazzo, dove lo possiamo vedere ancora oggi.
In piazza ci fermiamo anche nel punto in cui Savonarola fu impiccato ed arso in quanto eretico. Mentre le esecuzioni di prassi avvenivano sempre in punti centrali delle piazze, anche come monito per il pubblico che vi accorreva, questo punto è defilato.
Secondo alcuni la lastra commemorativa si trova nel punto dove nel Medioevo veniva fissato il Saracino, il fantoccio che il cavaliere – durante la giostra – doveva colpire con la lancia. Come a dire che l’eretico rinascimentale prende il posto dell’infedele medievale.
Firenze – Fontana del Porcellino
Proseguiamo per via Calimala fino a piazza del Mercato Nuovo per un saluto alla mascotte di Firenze, la fontana del Porcellino.
Più che un porcellino, come la chiamano fin dal Seicento i Fiorentini, è un cinghiale – copia bronzea di un originale di età ellenistica, che papa Pio IV donò a Cosimo I nel 1560, conservato agli Uffizi.
Oggi il bronzo originale, realizzata da Pietro Tacca nel 1633, è conservata al museo Bardini. Ma anche con la copia, realizzata nel 1988, è rimasta una curiosa usanza.
Il suo naso è lucido, quasi fosse stata appena fusa. Questo perché, secondo una credenza, accarezzarlo porterebbe fortuna.
Se, dopo averlo fatto, infilate una moneta nella sua bocca e riuscite e farla cadere all’interno e, oltrepassando la grata, a farla finire nell’acqua, il rito propiziatorio sarà completo.
Via dei Calzaiuoli
Un passaggio, almeno davanti, ad Orsanmichele è d’obbligo.
Anche se gli originali sono stati trasferiti nel museo interno, si possono comunque ammirare alcuni capolavori di grandi Maestri della statuaria da Donatello al Giambologna. Il mio preferito è L’Incredulità di San Tommaso del Verrocchio.
Di fronte si trova la piccola chiesa di San Carlo dei Lombardi con la bella pala del Compianto sul Cristo morto (1385-90) di Niccolò di Pietro Gerini, testimonianza di come – alla fine del Trecento – la lingua di Giotto fosse ancora parlata ad alta voce anche a Firenze.
Continuando a camminare lungo via dei Calzaiuoli si giunge in piazza del Duomo, davanti alla splendida perfezione del trittico Duomo – Battistero – Campanile di Giotto.
Ogni volta la quantità di cose che ci sono da vedere mi stordisce. Potremmo starne a parlare per almeno 3 giorni e forse non basterebbero.
La testa di toro del Duomo
Questa volta però siamo alla ricerca di un particolare specifico che si trova lungo il lato sinistro di Santa Maria del Fiore, all’altezza di via Ricasoli. Guardando sopra porta della Mandorla, in alto a sinistra, si affaccia una testa di toro.
È un doccione, ovvero il punto finale attraverso il quale l’acqua piovana viene convogliata dalle grondaie a terra. Nell’architettura gotica sono i gargoyle: fantastici mostri di pietra che tengono lontani gli spiriti maligni.
Pare che la comparsa di effigi di animali sugli edifici possa essere ricondotta ad una sorta di omaggio agli animali da traino che erano ampiamente utilizzati nei cantieri. Ma questa è la spiegazione più razionale.
Racconta una leggenda fiorentina, invece, che durante la costruzione del Duomo, proprio in via Ricasoli abitasse un sarto, gelosissimo, sposato con una donna, bellissima.
Questa aveva intessuto una relazione con un capomastro del cantiere e, scoperto, l’adulterio il marito li avesse denunciati entrambi al Tribunale Ecclesiastico. Per vendicarsi, il capomastro piazzò questa testa di toro di fronte alle finestre del sarto per ricordargli ogni giorno la sua condizione di uomo tradito.
Firenze – Piazza Santissima Annunziata
Dopo una sosta al Mercato di San Lorenzo per un pranzo easy ma ghiotto (in fondo all’articolo – al solito – ti raccontiamo tutto!), siamo passati da piazza Santissima Annunziata perché rivedere l’Ospedale degli Innocenti di Filippo Brunelleschi – la prima architettura rinascimentale – è sempre un piacere.
Abbiamo così scoperto, scambiando due parole con una signora, che su questa piazza affaccia “la finestra sempre aperta”.
Tra gli eleganti edifici di Brunelleschi da una parte, di Michelozzo e Leon Battista Alberti (autori della ristrutturazione della chiesa della Santissima Annunziata) al centro e la Loggia dei Servi di Maria di Sangallo il Vecchio e Baccio d’Agnolo dall’altra aleggia una triste leggenda.
“La finestra sempre aperta” di palazzo Budini Gattai
Si racconta che verso la fine del Cinquecento, quando il palazzo apparteneva alla famiglia Grifoni, un rampollo della famiglia sposato da poco partì per combattere, salutando la giovane moglie affacciata a questa finestra (l’ultima in altro a destra).
Vicino ad essa, la sposina ricamava in attesa del ritorno dell’amato marito, affacciandosi spesso.
Ma il tempo passava e di lui non si vedeva l’ombra. La donna terminò i suoi giorni senza riabbracciare l’amore della sua vita. Appena le imposte delle finestre vennero chiuse, nella stanza iniziarono ad cadere i quadri, a spegnersi le candele e i mobili a spostarsi.
Così gli abitanti del palazzo decisero di riaprire l’imposta, come la teneva la giovane sposa, e tutto tornò alla normalità.
Il bello è che cercando riscontro di questa storia raccontataci lungo la strada, abbiamo trovato anche delle varianti.
La più pittoresca è che la statua equestre di Ferdinando I che si trova nella piazza, avrebbe lo sguardo rivolto proprio alla “finestra sempre aperta”. Qui era la camera di una donna della famiglia Grifoni che il granduca amava clandestinamente e che il marito, per gelosia, obbligava a tenere gli scuri chiusi.
Firenze – Sant’Ambrogio
La tappa successiva avrebbe dovuto essere la chiesa di Sant’Ambrogio, teatro del miracolo eucaristico di Firenze (meno conosciuto di quello di Bolsena, che abbiamo raccontato nella nostra passeggiata nel borgo).
Appare semplice e spoglia dall’esterno, ma è una delle chiese più ricche di storia ed opere d’arte di Firenze (attenzione però! Gran parte, come la Madonna Metterza di Masaccio e Masolino sono oggi agli Uffizi).
Al suo interno si conservano ancora opere di importanti esponenti della pittura fiorentina dal Trecento al Rinascimento maturo. Peccato che la troviamo chiusa per il montaggio delle impalcature per il restauro delle facciate.
Ne approfittiamo per fare un giro nel rione Sant’Ambrogio che si rivela una passeggiata piacevole tra botteghe curiose e persone che parlano fiorentino. È un quartiere poco turistico e lo consigliamo per respirare un’atmosfera più genuina.
E così arriviamo in piazza Santa Croce, dove ci prendiamo qualche minuto di sosta all’ombra della statua di Dante per ammirare la splendida basilica.
Ci sembra doveroso, prima di riprendere la strada verso la stazione, passare dalla casa natale del Sommo Poeta.
Qui, in piazza San Martino troviamo una sorpresa.
Firenze – Cappella dei Buonomini di San Martino
È una bella storia quella della Congregazione dei Buonomini di San Martino.
Nasce nel 1441, in un periodo di lotte intestine fra le famiglie facoltose di Firenze.
Molti esponenti, anche a causa delle forti tasse imposte a tutta cittadinanza, finiscono in rovina. Si costituisce una nuova categoria di poveri, i poveri verghognosi.
Vergognosi perché si vergognavano di rendere pubblica la loro condizione di miseria.
Sant’Antonino, allora priore del convento di San Marco, fonda la congregazione costituita da 12 procuratori, detti Bonomini, scelti fra i rappresentanti di diversi ceti della città. A loro si aggiungeranno successivamente 6 aiutanti.
Dà loro una regola fondamentale: raccogliere da chi poteva donare e ridistribuire tutto ciò che potevano, nel segreto più assoluto.
E Firenze, attraverso i secoli, ha sempre partecipato all’opera della Congregazione.
Quando le casse dei Bonomini sono vuote, accendono una candela alla finestrella su via Dante. “I Bonomini sono al lumicino” si dice, e la città riceve il messaggio.
Ancora oggi, ogni venerdì, i Bonomini si riuniscono per esaminare i casi a cui donare, votando con un fagiolo bianco, quelli accolti, e con uno nero quelli respinti.
La piccola cappella è una meraviglia con le dieci lunette affrescate con le Storie della vita di San Martino. Tardo quattrocentesche, ancora se ne discute la paternità.
I più le attribuiscono a Francesco d’Antonio, un miniatore ed orafo. L’attribuzione sarebbe giustificata dalla minuziosa resa dei particolari e dall’attenta descrizione delle scene di vita quotidiana che compaiono nelle lunette.
All’interno della cappella anche una Madonna con Bambino della scuola del Perugino (presumibilmente di Niccolò Soggi).
Firenze – Officina Profumo-Farmaceutica di Santa Maria Novella
Prima di lasciare Firenze, fatevi un regalo e andate a visitare l’Officina Profumo-Farmaceutica di Santa Maria Novella.
Era il 1221 quando 12 monaci domenicani fondano l’omonimo convento, portando con loro nozioni botaniche e conoscenze erboristiche.
Nasce l’antica spezieria dove i domenicani creavano unguenti, balsami e preparazioni medicamentose.
L’Officina è considerata la farmacia storica più antica d’Europa coi i suoi 4 secoli di attività.
L’antica spezieria, infatti, apre i battenti al pubblico nel 1542, anche se l’inizio dell’attività dell’Officina Profumo-Farmaceutica con questa denominazione risale a quasi un secolo dopo, nel 1612.
Da tempo non è più proprietà del convento. Dopo gli espropri dei beni ecclesiastici del 1866, passa allo Stato che ne autorizza l’acquisto da parte dell’erede dell’ultimo direttore dell’Officina. Da allora è gestita da privati.
Più che una semplice visita, è un’esperienza multisensoriale. È un’immersione totale per i sensi!
Le sale
Già dall’ingresso si viene avvolti dal profumo delle essenze e guidati verso la sala principale, la sala vendita, con i suoi arredi e decorazioni ottocentesche.
Sul soffitto, l’antica volta a crociera è stata decorata con i 4 continenti a testimonianza della grande fama che la farmacia aveva raggiunto all’epoca.
Le persone che ci lavorano sono di una delicatezza unica e ci raccontano particolari della storia del luogo.
Come nell’Antica Spezieria (oggi l’Erboristeria), l’ambiente che ha conservato il suo fascino più antico e che ha un accesso diretto sul chiostro, “uno dei più grandi d’Europa” ci racconta l’assistente alle vendite addetta alla sala.
Sublime è la visita nella Sagrestia perché difficilmente ci capiterà di rivedere degli affreschi come questi avvolti dalle note armoniche di tante essenze che si spandono senza disturbare nei vari ambienti.
Sulle nostre teste, le Storie della Passione di Cristo che Mariotto di Nardò affresca tra il 1385 ed il 1405 richiamando la lezione di Giotto, ancora fortemente viva nella Firenze dell’epoca.
E con questo quadro incantato negli occhi salutiamo Firenze che, inaspettatamente, ci ha regalato una giornata sorprendente con il giusto equilibrio di turistico e local e con le grandi attrazioni a fare da sfondo alle storie popolari.
Una giornata che ci ha mostrato il volto misticismo, l’anima neoplatonica ed il grande cuore di Firenze.
Firenze – I sapori nei dintorni
A Firenze abbiamo veramente camminato tanto: troppe cose da vedere e troppo poco tempo!
Per questo avevamo deciso di non dedicare molto tempo alla pausa pranzo. Abbiamo trovato la giusta soluzione al Mercato di San Lorenzo da Bambi. Prepara lo street-food fiorentino per eccellenza: il panino col lampredotto. Anche se a dirla tutta, quello con lo stracotto è da volare via!
Dal momento che eravamo a Sant’Ambrogio, abbiamo fatto un salto da C.Bio la bottega-mercato che lo chef Fabio Picchi ha aperto da qualche tempo, dedicata al biologico.
La curiosità mi era venuta in treno, leggendo l’articolo-intervista che Veronica gli aveva dedicato sul suo blog in cui parlava del suo pane “Santo“. Lo chef, a questo angolo di Firenze, ha donato il suo cuore fin da quando nel 1979 ha aperto la trattoria Cibrèo, seguita dall’Accademia, dal caffè e dal Teatro del Sale (insieme alla moglie, l’attrice Maria Cassi).
Insomma, come souvenir da Firenze, abbiamo riportato un pane “Santo“. Era davvero eccezionale!
Firenze – Info utili
Ecco quanto ti serve per programmare la tua passeggiata a Firenze. Desideri saperne più? Commenta qui sotto o contattaci sui social! Apri la mappa qui sotto e ottieni il percorso.
- Basilica di Santa Trinita. Aperto: tutti i giorni. Orario: dalle 7 alle 12 e dalle 16 alle 19.
- Giardino delle Rose. Aperto: tutti i giorni. Orario: dalle 9 alle 20. La domenica apre alle 10.
- Basilica di San Miniato al Monte. Aperto: tutti i giorni. Orario: dal lunedì al sabato, dalle 9:30 alle 13 e dalle 15 alle 19. La domenica apre alle 8:15.
- Villa Bardini. Aperto: tutti i giorni. Orario: dalle 10 alle 16 (ultimo ingresso alle 15). Chiuso: ogni primo ed ultimo lunedì del mese. Biglietto: intero € 6, ridotto € 2 (cittadini UE 18-24 anni). Gratuito: residenti (Comune e Provincia) di Firenze, Arezzo e Grosseto, under 18, portatori di handicap, giornalisti, docenti, studenti universitari anche Erasmus. Il biglietto è cumulativo con il Giardino di Boboli. Sabato, domenica e festivi prenotazione obbligatoria qui.
- Giardino di Boboli. Aperto: tutti i giorni. Orario: dalle 8:15. La chiusura varia a seconda della stagione tra le 16:30 e le 19. Chiuso (da novembre a maggio): primo ed ultimo lunedì del mese. Biglietto: vd. Villa Bardini.
- Cappella dei Buonomini di San Martino. Aperto: tutti i giorni tranne venerdì e domenica pomeriggio. Orario: dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17.
- Officina Profumo-Farmaceutica di SMN. Aperto: tutti i giorni. Orario: dalle 10 alle 19.
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