Quando si ha qualche ora libera a Roma Caravaggio è sempre una buona idea. Roma è una delle città dove i capolavori del Maestro lombardo sono più numerosi.
È così che in un pomeriggio in cui avevamo voglia di bellezza, ci siamo incamminati in centro per godere di alcune delle sue opere senza dover prenotare ingressi e musei.
Perché ci sono 6 capolavori di Caravaggio che sono sempre a disposizione del pubblico: all’interno di chiese.
E che chiese! Sarebbero da annoverare tra veri e propri musei, tante sono le meraviglie che custodiscono.
Siamo partiti da San Luigi dei Francesi, abbiamo fatto tappa a Sant’Agostino e, poi, percorso via della Scrofa per concludere la nostra passeggiata a Santa Maria del Popolo, in piazza del Popolo.
1 km e mezzo dove sono concentrati storia, arte, fede e potere.
Caravaggio a Roma – San Luigi dei Francesi
È la chiesa nazionale della comunità d’oltralpe, intitolata al re di Francia fatto santo nel 1297: Luigi IX.
La cappella che ci interessa, si trova in fondo alla navata laterale sinistra: la cappella Contarelli.
In realtà il nome del committente, il cardinale Mathieu Cointrel, è stato italianizzato.
Caravaggio era a Roma da qualche anno e lavorava presso le botteghe di alcuni artisti già affermati, come il Cavalier d’Arpino. Alla ricerca della propria svolta, aveva incontrato il cardinal Del Monte, che divenne suo mecenate.
Grazie a lui, nel 1599, ottiene la commessa per la cappella del cardinale francese, dove realizzare la storia della conversione di Matteo.
Caravaggio la racconta attraverso 3 tele: una sull’altare e due sulle pareti laterali.
L’incontro con la cappella e le tre opere è emozionante: un’immersione nella magica pittura del Maestro lombardo. Si è attratti nell’azione delle due tele laterali. Si resta inermi davanti al San Matteo.
Le tele di Caravaggio sono una fucina di sentimenti grazie al forte realismo e all’uso drammatico della luce.
La Vocazione di San Matteo
Caravaggio ambienta la vicenda della chiamata di Matteo il Publicano (un esattore delle tasse, insomma) all’interno di un’osteria, con i suoi compagni abbigliati secondo la moda del Seicento.
Sulla destra Gesù, accompagnato da Pietro, indica Matteo ed il suo gesto è amplificato dal fascio di luce.
Il suo interlocutore con stupore si indica, sembra quasi dire “Proprio io?”. Ma il fascio di luce lo investe in pieno: sì, il Divino vuole proprio lui.
È strabiliante la potenza evocativa del gesto di Gesù, così come la capacità della luce di trasfigurare il significato del quadro da scena quotidiana di un interno qualunque ad un momento di intervento soprannaturale.
Caravaggio probabilmente progetta le tele in base alla loro collocazione finale: la cappella Contarelli.
Se questo è vero, potrebbe aver tenuto conto della finestra a lunetta al di sopra dell’altare. La luce all’interno dell’opera potrebbe provenire idealmente da quella, quindi dal cielo, quindi dal Creatore.
Il Martirio di San Matteo
In quest’opera è ancora più evidente la sovversione degli schemi compositivi tradizionali che diventerà una delle peculiarità della pittura di Caravaggio. Il soggetto non è più al centro del quadro.
Secondo la tradizione Matteo venne ucciso alla fine di una messa.
Qui il centro spaziale della composizione, in cui regna concitazione e orrore, è occupato dal carnefice, mentre il Santo è raffigurato in basso, già con le braccia allargate che richiamano la posizione della crocefissione.
La luce non lo investe in pieno, perché Matteo è già in grazia divina. Ma pone in primo piano l’omicida, colui che deve ancora essere salvato.
E l’autoritratto di Caravaggio, in fondo sulla sinistra, rafforza il significato realistico della scena. Come se il pittore ci stesse dicendo: “Ve lo racconto io, che c’ero“.
San Matteo e l’angelo
La prima versione
Quella che vediamo oggi nella cappella è la seconda versione realizzata da Caravaggio.
La prima venne rifiutata perché la raffigurazione del Santo venne giudicata troppo realistica. Peggio: gli venne rimproverato di aver dipinto un uomo qualunque, troppo umile con quelle gambe nude ed accavallate, i piedi scalzi. L’angelo, inoltre, sembrava guidargli letteralmente la mano nella stesura del Vangelo, quasi fosse un analfabeta.
Vincenzo Giustiniani, grande mecenate e collezionista dell’epoca, acquista questa prima versione che, poi, scompare dalla scena per ricomparire nel 1815 nei Musei di Berlino. È andata distrutta nel 1945.
Hitler nel 1940 aveva fatto costruire nelle principali città tedesche le Flaktürme: torri in cemento armato dotate di radar ed artiglieria contraerea. A Berlino ve n’erano 3. Il Reich utilizzò due di queste – la Friedrichshain e la Berliner Zoo – come deposito per mettere in salvo i tesori dei musei berlinesi.
Nel maggio del ’45, quando la città era già sotto il controllo dei sovietici, la Flaktürme Friedrichshain andò a fuoco, distruggendo alcuni dei capolavori della pittura europea, tra cui la prima versione del San Matteo e l’angelo di Caravaggio.
La seconda versione
Nella seconda versione, consegnata nel 1602, il Maestro lombardo cambia registro e rappresenta il Santo come i saggi, pur mantenendo degli aspetti non tradizionali.
La postura, ad esempio. Crea un bel gioco di dinamismo: come se si incontrassero due linee curve: quella generata da San Matteo e quella generata dall’angelo. Contrapposte, ma complementari.
La luce proveniente dall’alto mette in risalto le due uniche figure dell’opera che sembrano emergere dal fondale scuro.
È scomparsa l’aria di intimità che pervadeva la prima versione.
Il volto dell’apostolo ha acquistato autorità dalla sua espressione seria e concentrata. Mentre l’angelo sembra stia quasi chiedendo il permesso per vedere gli scritti del Santo, con quel gesto delle dita infantile e un po’ imbranato.
Caravaggio a Roma – Sant’Agostino
Entrando nella Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio, dobbiamo cercare la cappella dedicata alla Madonna di Loreto, la prima nella navata laterale sinistra.
La committente di questa bellissima opera è Orinzia Cavalletti, vedova del noto – all’epoca – notaio Ermete Cavalletti. Devoto alla Madonna di Loreto, aveva lasciato espresso nelle sue volontà testamentarie la realizzazione di un’opera per la decorazione della cappella.
Commissionata nel 1604, Caravaggio la consegna nel 1606.
Quando si illumina la Madonna dei Pellegrini è una visione che rapisce il cuore.
Caravaggio opera la sovversione sostituendo la Madonna che, nell’iconografia tradizionale veniva raffigurata in trono o seduta sulla Casa di Loreto portata in volo dagli angeli, con una giovane madre che stenta quasi a tenere in braccio un bel bambino in carne, mentre appoggiata allo stipite della porta di casa, benedice i due pellegrini in ginocchio ai suoi piedi.
La tela emana un senso di umiltà e tenerezza, come se la Vergine si senta imbarazzata ed onorata al tempo stesso di un viaggio tanto faticoso affrontato per lei.
Le figure sono rappresentate a piedi nudi. D’altronde era così che i pellegrini compivano il loro viaggio e così il Maestro lombardo doveva averli visti giungere a Roma per il Giubileo del 1600.
Nell’opera però Caravaggio gli dà un ulteriore tocco realistico raffigurandoli anche sporchi di terra.
Per raffigurare la Vergine, Caravaggio utilizza come modella Maddalena Antognetti, conosciuta negli ambienti cortigiani con il nome di Lena.
Particolari ©Fabio Magno
Secondo quanto racconta un contemporaneo, la tela una volta scoperta desta “dai preti e da’ popolani estremo schiamazzo“. Ma avendo la committenza accettato l’opera, è ampiamente diffusa l’idea che lo scalpore fosse provocato dal come Caravaggio avesse raffigurato i pellegrini. Non rispettando i dettami del Concilio di Trento.
Caravaggio a Roma – Santa Maria del Popolo
La Basilica di Santa Maria del Popolo è una concentrazione di significati e simboli del potere.
Sarà che vi si trovava il mausoleo dei Domizi Enobarbi, dove fu sepolto Nerone all’ombra di un albero di noce.
La leggenda tramanda che il fantasma dell’imperatore, insieme ad altri demoni, si aggirasse per la zona minando la tranquillità dei romani.
Esasperati, abbatterono il noce. Pasquale II li convinse che, per risanare l’area, la costruzione di un edificio sacro sarebbe stata la soluzione migliore così da allontanare definitivamente il fantasma di Nerone, celebre persecutore di cristiani.
E fece pagare al popolo l’edificazione della cappella, primo nucleo della futura basilica. Per questo la chiesa prese l’appellativo di Santa Maria del Popolo.
Secondo gli storici più smaliziati, invece, la costruzione della cappella fu il modo con il quale il papa si tolse di mezzo l’imbarazzante ed assiduo pellegrinaggio dei romani che, ancora dopo mille anni, omaggiavano la tomba di Nerone.
Sarà che Gregorio IX volle trasferirvi l’icona odyghitria (ovvero Colei che indica la via) del Sancta Sanctorum: Santa Maria del Popolo.
Fatto sta che ad un certo punto della storia tutti “quelli che contano” vogliono una cappella privata all’interno di questa chiesa. Oggi, camminando lungo le navate laterali, possiamo ammirare sul lato destro le cappelle Basso Della Rovere, Cybo e la cappella del Presepio voluta dal cardinal Domenico Della Rovere. Sulla destra la cappella Chigi, per nominare quelle dai nomi più altisonanti.
È un tripudio di opere d’arte. Vi hanno lavorato alcuni dei Maestri più illustri: da Bregno a Pinturicchio, da Bernini a Maderno. Impressionante.
Quella che ci interessa è la cappella in fondo alla navata laterale sinistra, accanto all’altare maggiore: la Cappella Cerasi.
Cappella Cerasi
Monsignor Cerasi, committente delle opere, era uno dei personaggi più in vista della Roma papale tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento. Era infatti il tesoriere del papa.
Caravaggio inizia a lavorare alla commissione nel 1600, progettando due grandi dipinti su tavola e realizzando una prima versione della Conversione di San Paolo.
Il problema è che la cappella, contestualmente, subisce un ridimensionamento e le tavole risultano sovradimensionate per lo spazio. Abbandona questo progetto ed inizia a lavorare a due tele con gli stessi soggetti, ma più piccole.
Intanto, per la cronaca, la prima versione della Conversione va a finire nella collezione Odescalchi-Balbi.
Rispetto alla Cappella Contarelli, qui lo spazio è più stretto e per vedere bene le due opere è necessario mettersi molto laterali, quasi attaccati agli angoli. Sicuramente Caravaggio tiene conto della visione di scorcio.
Le due tele con la Crocefissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo sono terminate nel 1601, insieme alla pala d’altare di Annibale Carracci.
La Conversione di San Paolo
Qui Caravaggio porta a sublimazione la sovversione degli schemi iconografici, di cui si è parlato già per la Cappella Contarelli.
Raffigura il momento in cui il centurione Saulo cade da cavallo e viene investito dalla luce divina sulla via di Damasco.
San Paolo non è il protagonista dell’opera, ma lo è il cavallo che occupa 2/3 dello spazio. È rappresentato con la zampa alzata perché non schiacci – per volontà divina – il santo, che con le braccia levate verso l’alto sembra concedersi completamente alla chiamata.
Le analisi hanno portato in luce un’altra opera al di sotto di quella finita.
In un primo tempo si era pensato ad alcuni ripensamenti di Caravaggio. Ma con l’approfondimento delle analisi si è compreso che si è trattato di un totale stravolgimento della sua idea iniziale. Prevedeva infatti Paolo rivolto, in primo piano, verso l’osservatore.
Crocefissione di San Pietro
Per quest’opera, in tanti parlano di una rappresentazione anti-eroica.
Non tanto perché San Pietro è raffigurato a testa in giù; secondo la tradizione lo volle lui per umile rispetto nei confronti del Cristo. Quanto per la rappresentazione degli aguzzini che Caravaggio raffigura come semplici operai intenti a compiere il loro faticoso lavoro, ordinato da altri.
Il realismo è straordinario: basti vedere il legno della croce, i muscoli contratti nello sforzo degli uomini a lavoro e, ancora una volta, la pianta sporca del piede della figura di spalle in primo piano. Per non parlare dell’espressione contratta di Pietro resa attraverso le pieghe e le rughe del volto e della fronte.
La luce illumina solo Pietro, mentre oscura le altre figure della composizione: è lui che sta per assurgere al cielo.
La pittura rivoluzionaria di Caravaggio
Caravaggio a Roma giunge con il suo bagaglio culturale intriso di pittura lombarda ed una luce completamente diversa da quella della Città Eterna. E qua compie la sua rivoluzione.
Più volte, infatti, l’importanza della sua opera è stata comparata a quella di Giotto e di Picasso: dopo questi Maestri la pittura prende un nuovo corso.
L’estremo realismo, lo stravolgimento dell’iconografia tradizionale ed un uso innovativo della luce rendono la sua opera un nuovo punto di partenza. E mentre finora si era dipinto partendo dalle zone in luce e andando a riempire le aree scure, lui – al contrario – fa emergere la figura dai fondi scuri attraverso pennellate corpose di pittura chiara.
Caravaggio a Roma – I sapori nei dintorni
La nostra passeggiata pomeridiana alla riscoperta dei 6 capolavori gratuiti di Caravaggio non poteva non concedersi uno dei piaceri storici di Roma: un caffè al Sant’Eustachio. Dal 1938 in questo piccolo bar tra le mura di Palazzo Cenci Maccarani si serve uno dei caffè più buoni di Roma. Complice la cremina che ha reso celebre il locale. Attenzione quindi: il caffè è già zuccherato!
Chi desidera una pausa più “sostanziosa”, può consultare il suggerimento in fondo al nostro articolo sulle 5 fontane più belle di Roma.
Caravaggio a Roma – Info Utili
Ecco quanto ti serve per programmare la tua passeggiata alla scoperta di Caravaggio a Roma. Se desideri saperne più, commenta qui sotto o contattaci sui social! Apri la mappa e ottieni il percorso
Prima di programmare la visita è meglio consultare gli orari della messa, perché durante le funzioni non è permesso visitare le chiese.
Le opere sono illuminate da luci a tempo: il consiglio è di munirsi di monete da 1 e 2 € per vederle in tutto il loro splendore.
San Luigi dei Francesi. Aperta dal lunedì al venerdì. Orario dalle 9:30 alle 12:45 e dalle 14:30 alle 18:30. Il sabato dalle 9:30 alle 12:15 e dalle 14:30 alle 18:30. La domenica dalle 11:30 alle 12:45 e dalle 14:30 alle 18:30. Ogni primo mercoledì del mese, la mattina, la chiesa è chiusa.
Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio. Aperta dal lunedì alla domenica. Orario dalle 7 alle 13 e dalle 16 alle 20.
Basilica di Santa Maria del Popolo. Aperta dal lunedì al sabato. Orario dalle 7:30 alle 12:30 e dalle 16 alle 19. La domenica e festivi dalle 7:30 alle 13 e dalle 16:30 alle 19.
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